Un personaggio al giorno, dentro o fuori dal rettangolo di gioco, fino al 14 luglio: durante tutti i Mondiali vi regaleremo quotidianamente la biografia compressa di giocatori e non solo. Oggi è il turno di Stipe Pletikosa, portiere della Croazia e del Rostov.
Questa rubrica dovrebbe indicare, di giorno in giorno, chi più si è distinto per qualsivoglia motivo. Soprattutto calciatori, ma anche altri addetti ai lavori e non solo. Per esempio, tra i candidati per la prima puntata abbiamo avuto Marcelo&Picone (guardatelo: separato dalla nascita di suo gemello Ficarra), l’arbitro giapponese Yuichi Nishimura (separato dalla nascita di Neymar, ma ieri si sono riuniti) e persino Dilma Rousseff, che la RAI ha sbadatamente definito «Presidente degli Stati Uniti». Succede a tutti di sbagliare.
Ma a distinguersi è stato il portiere croato Stipe Pletikosa, sopra tutti (e non solo fisicamente). A suo modo decisivo ai fini del risultato finale – non certo per la gioia dei croati, però. Pennellone alto un metro e novantatré, ci è stato detto più volte che il fisico è per lui più un limite che una forza. Non stentiamo a crederlo.
Chi scrive possiede i riflessi di un novantenne, badiamo bene; e in redazione non è che ci siano chissà quali atleti. Ma è anche vero che noi i Mondiali non li giochiamo, e Pletikosa sì. Un buon motivo per la sua partecipazione si è visto in occasione del rigore: bravo a intuire la traiettoria, meno bravo a spalmare la sciolina sui guanti.
È andata così. Prendiamo il positivo: in Sudafrica, nel 2010, la partita inaugurale era stato un pareggio (1-1 contro il Messico), e lo stesso è successo a Euro2012 (Polonia-Grecia 1-1). In Sudafrica la squadra non era granché, in Polonia la squadra non si divertiva; in entrambi i casi i padroni di casa sono usciti al primo turno. In Brasile dovrebbe essere diverso.
E questo grazie a quel Pletikosa migliore in campo (meglio non specificare per chi). Ragazzo non più tanto giovane (classe 1979, in nazionale da 15 anni), realisticamente è all’ultima grande occasione. E la squadra non gli manca: la prima metà del primo tempo è stata di marca croata, e così l’inutile rincorsa finale.
C’è qualità: Dejan Lovren in difesa, Luka Modrić a metà campo, Mario Mandžukić (ieri indisponibile) davanti. Scuola slava, e tanto talento… e un’occasione sprecata. Un po’ per l’arbitraggio, vero; ma un altro po’ per chi non ha fatto saracinesca. Conoscendo come gli slavi possano essere fumantini, è probabile che in questo momento la squadra balcanica sia in piena collera.
Immaginiamo la scena: dopo avere creduto prima a una vittoria incredibile, e poi a un possibile pareggio, i ragazzi di Niko Kovač rientrano nello spogliatoio furiosi con il loro compagno. Dalla rabbia lancerebbero ogni genere di oggetto contro Pletikosa e le sue leve inutilmente lunghe… ma rinunciano: tanto non ne prenderebbe neanche uno.