Questo Mondiale non s’ha da fare

Ecco, ora che, col titolo che molti si aspettavano e con un’immagine che colpisce, ho attirato la vostra attenzione, posso dirlo chiaramente: il calcio e i Mondiali, che si apriranno ufficialmente in serata, c’entrano poco con le proteste cui i media mondiali stanno dedicando spazio.

Certo, qualcuno che in piazza è sceso per manifestare contro la Copa do Mundo sicuramente lo troverete, come lo si troverebbe in ogni parte del globo, ma Brasile 2014 è più l’occasione per montare la protesta che non la reale causa. Come sempre, come in tutto, è politica la matrice di partenza: basterebbe infatti dire che a ottobre vi saranno in Brasile le elezioni presidenziali per replicare ai primi “Però…”.

Per dissipare invece ogni dubbio, frase magica non c’è. Si può provare a confutare alcune immagini FORTI che girano (sconsigliata la visione a un pubblico sensibile) e che vengono attribuite a forme di repressione della polizia sui manifestanti, quando invece sono operazioni contro criminali. O si possono smentire informazioni false come i bambini uccisi nella notte a Fortaleza e le accuse di aver sottratto denaro dalla sanità e dall’istruzione per finanziare i Mondiali, ma tanto ormai la macchina mediatica è bella che avviata e l’opinione pubblica sensibilizzata a dovere.

Dopotutto, chi non si sentirebbe di condividere, scuotendo il capo, il murales pubblicato sopra? Chi non sa che in Brasile esistono le favelas e c’è un grosso divario sociale tra la classe più povera e quella medio-alta? Tanto basta per lasciarci trasportare dalle notizie, vere o presunte, e condividerle. “I brasiliani protestano contro i Mondiali”. A cui io rispondo: no, si sta sfruttando l’evento sportivo come cassa di risonanza mediatica per mettere in difficoltà un governo legittimamente eletto – per la terza volta dopo i due mandati di Lula – all’alba delle nuove elezioni.

Non è un caso, infatti, che le proteste si siano concentrate proprio all’avvicinarsi dei due grandi eventi sportivi in programma – la Confederations Cup 2013 e la Coppa del Mondo 2014 – e non quando, il 30 ottobre 2007, la FIFA assegnò al Brasile questi Mondiali. Notizia accolta con gioia nella stragrande maggioranza del Paese. Come nessun sollevamento popolare di massa è sorto durante tutto l’arco di tempo intercorso tra l’assegnazione delle sedi e la costruzione degli stadi. Non a Rio e nemmeno nella chiacchierata Manaus.

Non è certo questa la sede più appropriata per discutere di Dilma Rousseff e del suo partito, il Partido dos Trabalhadores, ma a lei e al suo predecessore Lula va dato merito della crescita del Brasile, passato da Paese del terzo mondo a nazione in via di sviluppo. Che poi ci sia ancora moltissimo da lavorare in una nazione grande quanto un continente e con una grossa mescolanza di culture e tradizioni, è assolutamente un dato incontrovertibile.

Eppure, nel 2010 in Sud Africa, un Paese con una povertà e un dislivello sociale ampi quanto – se non più – quelli del Brasile, la rassegna FIFA è stata accolta come un’opportunità dalla stessa popolazione festante… E pure in occasione degli Europei Under 21 di Israele 2013, nei media del vecchio continente non si è parlato (o polemizzato) molto sulla validità della scelta, tenuto conto della situazione di conflitto presente nel territorio.

Dunque manifestare, cui prodest? Sicuramente ai principali oppositori nazionali del partito della Rousseff, sconfitti nelle ultime tre elezioni presidenziali, ma anche a quelle potenze mondiali che non vedono di buon occhio i Paesi emergenti, quelli ribattezzati BRIC (Brasile, Russia, India, Cina). E quale modo migliore per minarne il consenso popolare se non far scendere nelle strade il suo stesso popolo proprio quando hanno puntati addosso gli occhi di tutto il mondo?

Chiaramente, la verità non è mai esclusiva, ogni realtà va analizzata e approfondita ben più a fondo. “Lode del dubbio” diceva Brecht, e risposte certe non pretendo di darvele. Ma non sempre tutto è come appare o vogliono farci apparire: tv e giornali possono ingannare, un po’ come il titolo e l’immagine di questo articolo, e sul disagio e le difficoltà altrui è – se lo si vuole – fin troppo semplice speculare.

Published by
Francesco Davide Scafà