Lombalgia. Secondo l’amico Tullio De Mauro, “dolore acuto o cronico della regione lombare, dovuto per lo più ad artrosi lombosacrale o a discopatia, ma anche a infiammazioni acute o a sforzi fisici violenti o prolungati”.
In lizza sino all’ultimo per il Pallone d’Oro, Frank Ribery era la grande speranza francese a Brasile 2014: fortissimo, capace di fare la differenza, campione tra i campioni al Bayern Monaco, faceva paura un po’ a tutti.
Al terzo mondiale, uno dei quali perso ai rigori (dove, se Trezeguet tira meglio, magari si va ad oltranza e Domenech diventa eroe nazionale), il nativo di Boulogne-sur-Mer sarebbe stato l’uomo chiave di una squadra che agli spareggi se l’è vista brutta, ma s’è stretta sotto l’abbraccio dei tricolori dello Stade de France, in una passione praticamente inimitabile.
Avete letto bene: sarebbe stato, perché l’ultima notizia è la rinuncia, da parte del talento ex Olympique, a questa Coppa del Mondo. Per motivi fisici, per dei maledetti problemi che priveranno l’appuntamento calcistico dell’anno di uno dei suoi protagonisti più attesi.
Facciamo un po’ d’ordine, allora, perché un’assenza così cambia un bel po’ di gerarchie: Didier Deschamps, fortunato in sede di sorteggio, ce li ha gli uomini per restare il favorito del gruppo E? In linea di massima sì, ma Svizzera ed Ecuador scalpitano, con l’Honduras che pare la vittima sacrificale ma può contare, in qualche modo, sul fattore ambientale.
La Francia senza Ribery è un’altra cosa: aumenteranno le responsabilità per le altre stelle della squadra (e Pogba avrebbe una mezza chance di far ricredere i critici, riuscisse a brillare ad un livello più alto dell’attuale Serie A), ma psicologicamente la botta resta.
Dico queste cose perché, da amante della Coppa del Mondo e del calcio in generale, i Bleus rappresentano una storia nella storia. Ciò che ha significato, per la vicenda post-coloniale di questo paese e per lo sport globale, il trionfo di Parigi nel 1998 lo sanno tutti e, al netto delle rivalità anche aspre tra paesi, l’Équipe de France ha fatto 2 finali nelle ultime 5 edizioni, è espressione di un paese che si entusiasma e si accende per le imprese delle nazionali di tutti gli sport, dal rugby alle imprese della pallamano.
Senza Falcao e altri protagonisti, questo Brasile 2014 sta facendo di tutto per farci passare la voglia.
Ma non accadrà, perché l’attesa è davvero troppa e ormai le giornate passano più lente che mai, ma le sta provando tutte: va bene la fatalità, ma privarci di un giocatore così è davvero crudele.
Fossi un tifoso francese, pregherei Deschamps, capitano vincitore 16 anni fa di una delle coppe più belli di sempre, di trovare le contromisure: il Mondiale non è luogo da rimpianti, è il momento più alto nella carriera di ogni giocatore e selezionatore.