Verso Brasile 2014: gli USA
Trentadue Nazionali, un unico obiettivo: salire sul tetto del mondo e alzare al cielo la coppa. Lo stesso trofeo sollevato da grandi capitani come Casillas, Cannavaro, Cafu, Deschamps, Matthäus, Maradona, Zoff e Pelé. Proviamo a conoscere meglio ciascuna delle squadre partecipanti attraverso due appuntamenti giornalieri, uno alle 9 e uno alle 18. Manca poco al calcio d’inizio, meglio non farsi cogliere impreparati!
Chiudiamo la carrellata delle presentazioni delle Nazionali con i The Stars and Stripes: gli USA.
AMARCORD MONDIALE
La Nazionale a stelle e strisce centra da sette edizioni consecutivi la fase finale del Mondiale. Nel 1930 raggiunse le semifinali nell’esordio assoluto della competizione. La terza apparizione, dopo l’assenza che perdurava dal lontano 1934, entrò nella storia per il clamoroso (ma inutile ai fini del passaggio del turno) successo contro i maestri inglesi, battuti per 1-0 dai “cugini” americani nel torneo brasiliano passato alla storia per il “Maracanazo” dell’Uruguay. Nelle nove avventure mondiali, gli Usa hanno raggiunto i quarti di finale in una sola occasione: era l’edizione del 2002 in Corea e Giappone, la “ciliegina” fu l’eliminazione del Messico negli ottavi.
LA STRADA PER IL BRASILE
Gli Stati Uniti hanno chiuso al primo posto entrambi i gironi della CONCACAF a cui hanno partecipato, staccando tutte le dirette rivali. Fin dalla prima fase (Terzo Turno), gli americani si sono rivelati il team da battere, totalizzando tredici punti nel gruppo con Guatemala, Giamaica e Antigua e Barbuda. Nell’ultima fase, la squadra di Klinsmann ha strappato il pass mondiale con tre turni d’anticipo, chiudendo il girone in testa con ventidue punti e sette vittorie complessive.
LA DIFESA (Voto: 5,5)
La certezza è (tanto per cambiare) l’estremo difensore, quel Tim Howard da anni bandiera dell’Everton e muro della Nazionale americana. Alla buona tradizione di portieri (da Keller a Friedel, passando per l’attuale Guzan), fa da contraltare la perdita, sulla linea difensiva, di due “istituzioni” come Cherundolo e Bocanegra, tenuti fuori “per raggiunti limiti d’età” dal cittì tedesco. Nella difesa a quattro, dunque, dovrebbero partire Brooks, Beasley, González e Cameron (o Johnson), in un mix di giovani talenti “europei” e solide certezze americane. La velocità degli avversari può rivelarsi fatale, ma sui calci piazzati la mole e il peso dei difensori può fare (e ha fatto) la differenza.
IL CENTROCAMPO (Voto: 6,5)
La spina dorsale della mediana verte sul duo Jones–Bradley, cervello e polmone dell’intera squadra a stelle e strisce. La duttilità tattica e gli inserimenti senza palla del centrocampista del Toronto, unito alla prorompenza fisica e alla visione di gioco del calciatore del Besiktas, condensano al meglio le qualità di gioco del Team USA, completato nella linea centrale del campo dalla classe e dal fiuto del gol dell’eterno Clint Dempsey e dalla praticità dell’emergente Bedoya, reduce da una stagione in crescendo al Nantes. Da considerare anche i sostituti, dopo diversi anni all’altezza dei titolari: Beckerman del Real Salt Lake e Diskerud del Rosenborg offrono garanzie sia dal punto di vista atletico che tattico.
L’ATTACCO (Voto: 6)
Il reparto offensivo dovrebbe – modulo permettendo – essere composto da Jozy Altidore e Aron Jóhannsson. I due si integrano alla perfezione: la potenza fisica del centravanti del Sunderland, classica prima punta dal tonnellaggio elevato, abile soprattutto negli ultimi sedici metri, si “incastra” ottimamente con la velocità e il fiuto del gol del 23 enne nativo islandese. Con la mancata convocazione di Donovan, Dempsey potrebbe rivelarsi il jolly del tecnico tedesco, che potrebbe – in casi disperati – affiancarlo ai due bomber di ruolo. A completare l’attacco, c’è Cris Wondoloski, stagionato bomber della Major League Soccer.
IL CAPITANO
Clint Dempsey resta (insieme a Tim Howard) l’ultimo superstite degli Usa dei miracoli dei Mondiali sudafricani e della storica finale di Confederations Cup, conquistata battendo la Spagna. Dal suo approdo in Inghilterra nel 2007, il centrocampista “rapper” ha collezionato oltre 300 presenze con le maglie di Fulham e Tottenham, sbrogliando spesso con i suoi gol matasse intricate. Dotato di una buona tecnica di base, il trentunenne texano può ricoprire più ruoli, dal trequartista all’attaccante esterno. Dai suoi piedi e dai suoi gol (quasi sempre “pesanti”) passeranno molte chance di qualificazione dei ragazzi americani.
LA STELLA
Per l’esperienza maturata in Italia con Chievo e Roma (e prima con Aston Villa e ‘Gladbach), Michael Bradley può essere considerato il valore aggiunto degli Stati Uniti di Klinsmann. La sua posizione di intermediario tra la linea difensiva e l’attacco, pone il centrale di Toronto come elemento di collegamento per gli avanti e diga necessaria per fare filtro in mezzo in mezzo al campo. Il selezionatore sembra puntare tutto su di lui, chiedendogli – oltre alla copertura della zona mediana – anche maggiore libertà e fantasia nei pressi dell’area avversaria. Un Bradley di lotta e di governo. Famelico conquistatore di palloni e “ideologo” delle transizioni offensive.
IL COMMISSARIO TECNICO
Jürgen Klinsmann si porterà dietro il peso delle “forti” scelte effettuate in sede di selezione dei calciatori. Il tecnico tedesco ha rinunciato alla bandiera Bocanegra e a Cherundolo, ma – soprattutto – all’estro e alla classe di Landon Donovan. Può vantare il credito della Gold Cup vinta nel 2011, anche se la stampa americana non sembra aver digerito le sue “fantasiose” prese di posizione. Per la Pantera, giocano a favore l’ottima l’intelaiatura di gioco creata e l’identità di squadra, consolidata nel corso degli anni. Il marchio di fabbrica di un allenatore troppo spesso sottovalutato. E se (almeno secondo le malelingue) i Mondiali del 2006 furono un capolavoro di tattica del suo assistente (e attuale cittì della Germania) Löw, questa volta Klinsmann può prendersi una grande rivincita. Contro tutto e tutti.
LA FORMAZIONE TIPO (4-4-2)
Howard; Brooks, Beasley, González, Cameron (Johnson); Bradley, Jones (Beckerman), Bedoya (Diskerud), Dempsey; Altidore, Jóhannsson.
VOTO GLOBALE: 6
Il percorso netto e senza inciampi delle qualificazioni è stato confermato dalle recenti amichevoli, tutte vinte in modo perentorio e convincente. Il girone G appare un affare a due tra Germania e Portogallo, con Usa e Ghana alla finestra, pronte a sfruttare ogni minimo passo falso delle due corazzate. La storia offre agli americani subito la possibilità di vendicare la cocente eliminazione patita nel 201o contro le “Black Stars“, trascinate all’epoca da Boateng e Gyan. Una buona fetta del destino brasiliano a stelle e strisce dipenderà dalla tenuta tattica e dalla vena realizzativa degli elementi di spicco della rosa.
Video: il netto successo degli Usa contro gli acerrimi rivali del Messico, punto più alto delle scorse qualificazioni mondiali.