Ha prevalso la linea interna: doveva arrivare Unai Emery, si era parlato anche di Montella e Spalletti. Il succo è che era già diventato chiaro come Seedorf non godesse più della fiducia della società.
Parole neanche troppo sibilline, quelle dell’olandese sul proprio futuro, quando mancavano poche battute al termine del campionato: “sono domande che dovete fare al signor Galliani”. Che, alla fine della storia, è il vincitore della restaurazione milanista.
Ne abbiamo già parlato, sia di Seedorf (quando lasciò l’Italia) che di Galliani (quando sembrava sull’uscio di via Turati). Il primo è stato un giocatore importante, nonché pupillo del presidente, per lunghi anni; il secondo è stato il deus ex machina di tante partite e tanti successi. Nessuno dei due avulso da controversie (il primo ha un carattere forte, e si è visto per il Monza; per il secondo si può scendere giù fino a Marsiglia 1991).
Adesso è arrivato il nuovo. Pippo Inzaghi, appesi gli scarpini al chiodo da appena due anni, dovrebbe sedere sulla panchina della squadra con cui ha vinto tutto: due Champions League, altrettanti scudetti e supercoppe. Oltre al fatto di essere stato campione del mondo nel 2006, e vicecampione d’Europa nel 2000 (e Rotterdram ancora brucia, almeno per chi scrive).
La probabile nomina di Inzaghi, che presumibilmente verrà rimandata finché non si sarà chiarita la situazione riguardante il contratto di Seedorf, è il sintomo di una ritrovata realtà: Galliani di nuovo al centro delle operazioni. Barbara Berlusconi, come Amministratore Delegato è attenta al marketing e agli aspetti commerciali; ma, sul piano tecnico, l’AD storico rimane sul ponte di comando.
Alla fin fine, Seedorf è stato una parentesi. È da augurargli la miglior carriera possibile, in ogni caso; ma forse ha avuto il torto di non capire in che società era capitato. Già, proprio lui che ne era stato una colonna: da tempo circolavano voci sulla sua volontà di rivoluzionare lo staff tecnico, per esempio (Stam come vice non è una novità), e anche a livello tecnico c’erano state scelte indicative (Abate trequartista, per dirne solo una).
Insomma: magari Seedorf è stato l’uomo giusto, ma nel posto e nel momento sbagliato. Ha cercato di condurre una rivoluzione, in una società che invece è più che tradizionalista. L’approccio spregiudicato dell’olandese è stato un impiccio; il suo tentativo di fare il Mourinho è stato dirompente anzitutto nei rapporti con la società. Ci sono equilibri da rispettare, in campo e nei ruoli societari; lo ha capito anche Barbara Berlusconi.
Ad accomunare Inzaghi e Seedorf c’è un decennio trascorso insieme, sul campo, condividendo molte vittorie; a dividerli ci sono modalità e tempi di scelta. Fosse stato per Galliani, Inzaghi si sarebbe seduto sulla panchina della prima squadra già a gennaio; adesso trova spazio, adesso avrà la sua occasione. “Protetto” dall’AD tecnico, col quale, presumibilmente, farà coppia fissa, almeno in un primo periodo. Un sincero in bocca al lupo.