Si decise quattro anni prima a Berna: i Mondiali del 1958 si sarebbero giocati per la seconda volta consecutiva in Europa, in Svezia. Non era estranea alla decisione la volontà di favorire un paese non apertamente schierato, in un mondo che risentiva dell’ antitesi tra due blocchi politici contrapposti.
La sesta edizione dei mondiali fu caratterizzata da protagonisti mancati e dalla nascita di grandi campioni. Assenti l’Uruguay, eliminata dal Paraguay e l’Italia, sconfitta allo spareggio dall’Irlanda del Nord, partecipò un folta rappresentazione della Gran Bretagna, costituita oltre che dai suddetti irlandesi, da Inghilterra, Galles, Scozia. Per la prima volta, prese parte ad un mondiale anche la selezione dell’URSS. Stella della squadra era il portiere Jascin, uno dei migliori di tutti i tempi. Mancò all’appuntamento invece la mezzala Streltsov, fuoriclasse definito poi “il Pelé bianco”, che si era reso inviso al regime e stava scontando una condanna settennale in un gulag. La Grande Ungheria, reduce dalla storica sconfitta di quattro anni prima contro la Germania Ovest, non spaventava più e solo Hidegkuti rappresentava la grandezza di un passato irrimediabilmente smarrito dopo i fatti storici del ’56. L’Argentina invece, in polemica con i calciatori militanti all’estero, lasciò a casa i cosiddetti “angeli dalla faccia sporca”, Sivori, Maschio e Angelillo, impoverendo irrimediabilmente il tasso tecnico complessivo.
Un’altra squadra europea si stava mettendo in luce: la Francia, caratterizzata dal blocco di giocatori appartenenti alla formazione dello Stade Reims tra cui due giocatori epocali: Raymond Kopa – per alcuni il miglior calciatore francese di sempre, perfino superiore a Platini e Zidane – e Just Fontaine, attaccante che ancora oggi risulta essere il miglior marcatore di sempre in un’edizione mondiale, con 13 reti (in 6 partite), tutte segnate proprio in Svezia.
Gli stessi padroni di casa svedesi potevano contare su una formazione di tutto rispetto, qualificata da una generazione di talenti quali Gren, Skoglund, Liedholm ed Hamrin. Giocatori che avrebbero incantato e vinto con le rispettive squadre di club in Italia.
Ma tra tanti astri del firmamento calcistico, a brillare in maniera inestinguibile sarebbe stata la luce di un giovane brasiliano non ancora diciottenne, dotato di una classe pura, come mai s’era visto prima: Edson Arantes do Nascimento, detto Pelé. Prima di lui, era stato Puskas a meritare l’appellativo di giocatore più forte del mondo. Dopo Pelé, forse solo Maradona ha più raggiunto quei livelli empirei.
Il giovane talento del Santos era stato scelto dall’allenatore Vicente Feola dopo una selezione quanto mai articolata dei partecipanti. Feola infatti, per superare quei limiti di presunzione e tenuta fisica che da sempre avevano caratterizzato il Brasile nelle edizioni precedenti, decise le convocazioni dopo aver proceduto ad una vera e propria selezione scientifica dei candidati. Con l’aiuto di rinomati esperti, costituì una “junta medica” che analizzò e giudicò i parametri atletici dei preconvocati, scartando perfino nomi illustri, laddove non garantissero idonei parametri agonistici. Il risultato fu una delle squadre più forti di tutti i tempi. Dal portiere Gilmar ai terzini di spinta Djalma Santos e Nilton Santos, al centrocampista Zito, le ali Zagalo e Garrincha fino al fantatrio da filastrocca onomatopeica Didi, Vavá e Pelé. Il numero di fenomeni a disposizione di Feola era tale che l’allenatore brasiliano, avendo a disposizione praticamente due squadre di analogo valore, si permise di schierare la squadra con un originale 4-2-4, teso ad esaltare la vocazione offensiva della squadra. Il modulo, destinato a passare alla storia, era in realtà stato provato e messo a punto da un europeo, l’ebreo ungherese Bela Guttmann (poi allenatore del Benfica di Eusebio), che durante la propria vittoriosa permanenza al San Paolo, educò il Brasile a tale metodologia tattica.
In Svezia, il Brasile dapprima vinse per 3-0 contro l’Austria, pur senza incantare, poi fu fermato sullo 0-0 dall’Inghilterra, in quello che fu il primo pareggio a reti bianche dei mondiali. Un confronto interno tra la squadra e l’allenatore portò Feola a sovvertire le gerarchie tra titolari e riserve. A beneficiarne, Zito, Garrincha e Pelé.
Il giovane Pelé esordì al mondiale contro l’URSS, rilevando Josè Altafini, affermato bomber del Palmeiras e poi del calcio italiano. Nonostante Altafini fosse un beniamino del pubblico brasiliano, Pelé in breve tempo seppe conquistare i brasiliani e il mondo intero, incantando con giocate di alta scuola. O talvolta di una scuola che non era ancora stata inventata. Finì 2-0 con doppietta di vavà ma solo Jascin evitò un tracollo peggiore. Il Brasile aveva costruito grappoli di palle gol, Pelé e Garrincha erano stati inarrestabili. Dopo un gol al Galles nei quarti, fu in semifinale contro i forti giocatori francesi che Pelé incantò il mondo, mettendo a segno una tripletta (nel 5-2 finale).
In finale, contro i padroni di casa della Svezia, il Brasile raccolse finalmente l’alloro mondiale, lungamente inseguito. Il ricordo della sconfitta casalinga del ’50 tuttavia tornò ad apparire sul volto dei brasiliani, allorché dopo soli tre minuti, il veterano svedese Nils Liedholm portò la Svezia in vantaggio. I tifosi brasiliani trattennero il fiato, ma stavolta solo per sei minuti, quanti ne occorsero a Vavà per ristabilite la parità. Ancora Vavà, alla mezzora, mise la freccia per il sorpasso. Poi, fu Pelé a mettere a segno la terza marcatura, quella della sicurezza. A giochi fatti, Zagalo per il Brasile e Simonsson per la Svezia agitarono il tabellino, bollato ancora una volta da Pelé, per il 5-2 finale.
Per la prima ed unica volta, una squadra sudamericana andò a vincere la Coppa Rimet in terra europea. Dodici anni dopo in Messico, sempre con Pelé in campo, il Brasile avrebbe centrato il terzo successo, aggiudicandosi definitivamente il trofeo.
Di seguito, il tabellino della finale:
Stoccolma, 29 giugno 1958: Brasile-Svezia 5-2
Brasile: Gilmar, D.Santos, N.Santos, Zito, Bellini, Orlando, Garrincha, Didi, Vavà, Pelé, Zagalo. C.T.: Vicente Feola.
Svezia: Svensson, Bergmark, Axbom, Borjesson, Gustavsson, Parlino, Hamrin, Gren, Simonsson, Liedholm, Skoglund. C.T.: George Raynor.
Arbitro: Guigue (Francia)
Marcatori: Liedholm 3’ (SVE), Vavá 9’ (BRA), Vavá 32’ (BRA), Pelé 55’ (BRA), Zagalo 68’ (BRA), Simonsson 80’ (SVE), Pelé 90’ (BRA)
Leggi anche le precedenti puntate di “C’era un Mondiale”:
1 Camerun – Colombia e i colori di Italia 90;
2 Uruguay 1930 e il primo gol della Coppa del Mondo;
3 Corea e Giappone 2002, un mondiale di… cose turche;
4 Germania 1974, “E tu dov’eri, quando segnò Sparwasser?”;
5 Italia 1934, il “Wunderteam” austriaco si arrende agli azzurri;
6 Cile 1962, il torneo di Garrincha. E di Masopust;
7 Francia 1938, la semifinale di Marsiglia e il bis dell’Italia;
8 Messico ’70, Italia-Germania 4-3 – “El partido del siglo”;
9 Argentina 1978, Olanda-Argentina e il palo che fece tremare i generali;
10 Brasile 1950, il Miracolo di Belo Horizonte. Gloria e tragedia di “Joe” Gaetjens;
11 Messico ’86, la breve favola della Danimarca;
12 Svizzera 1954, la battaglia di Berna e la Grande Ungheria, prima della disfatta;
13 Spagna 1982, la notte di Siviglia e l’uscita di Schumacher su Battiston;
14 Francia ’98, la sfida tra Zidane e Ronaldo e Usa-Iran, “la madre di tutte le partite”