Home » 111 volte TimTonyManu

Se fosse un venerdì normale, potremmo parlare serenamente del prossimo Gran Premio di Formula 1. Ma si corre a Monaco, e le prove libere si sono già tenute ieri. Ed è anche finito il campionato: sappiamo come (perdipiù con il record di 102 punti). Ai Mondiali manca ancora un mese: c’è tempo.

Questo per dire che è il momento di altro: altri sport, altre occasioni. Occasioni come questa, da cineteca:

http://www.youtube.com/watch?v=GOnuFyso1M8

Un passaggio ad alto rischio, e ad alta resa (tre punti di Danny Green), in una gara2 mai in discussione. Ma importante soprattutto per una statistica: con questa vittoria, la “triade” Parker-Ginóbili-Duncan (in ordine di ruolo) ha raggiunto la propria vittoria numero 111 nei playoff. Mai nessuno come loro.

Tutti e tre assieme, in cima al mondo. Davanti anche a un terzetto come Magic Johnson, Micheal Cooper e Abdul-Jabbar (il resto della classifica potete leggerlo qui). Ce ne vuole di forza, di costanza, e anche di talento. Oltretutto, sempre agli ordini dello stesso allenatore: Gregg Popovich, che siede sulla panchina degli Spurs dal lontano dicembre 1996.

Un’annata terribile, la prima di Popovich in panchina: autonominatosi allenatore (era General Manager e vicepresidente) dopo una pessima partenza, terminò la stagione con un record di 20 vinte e 62 perse (curiosamente, l’esatto contrario di quest’ultima stagione). Di chiare ascendenze slave, allena dal 1978, e ha passato nel Texas quasi tutta la sua carriera: unica parentesi, il 1992 da assistente a Golden State.

Poi abbiamo un playmaker francese, arrivato nel 2001 come ultima scelta al primo giro: numero 28, sembrava uno come tanti onesti mestieranti. Con la differenza che, rispetto alla concorrenza, a San Antonio avevano già un occhio internazionale: nel 1999, con la penultima scelta totale (la numero 57), era stato selezionato l’argentino Manu Ginóbili, ai tempi in Italia alla Viola Reggio Calabria. Sbarcherà in NBA solo nel 2002, dopo aver vinto tutto con la Virtus Bologna.

E fin qui abbiamo parlato di due autentiche intuizioni. Quella che manca è la fortuna: che era già arrivata anni prima, nel 1997, quando il draft regalò a San Antonio la prima scelta. La squadra più quotata per la lotteria era Boston, che contava su Tim Duncan per rilanciarsi: sappiamo com’è andata, con il caraibico che ha già vinto quattro anelli.

Fin qui, la storia. Il resto è cronaca: gli Spurs sono una delle squadre più esperte della NBA (un modo cortese per non dire apertamente che hanno i giocatori più vecchi), eppure hanno il primo record della lega (che significa fattore campo per tutti i playoff). Merito anche di Popovich, abile a far riposare i suoi pretoriani, quando possibile. Perché li conosce, perché si conoscono, e perché magari le statistiche ne soffrono, ma l’inverso succede con i risultati.

Quest’anno, poi, abbiamo un motivo in più per guardare a San Antonio: Marco Belinelli. Specialista al tiro, si è inserito con successo negli schemi degli Spurs, ricavandone una stagione da 11.4 punti in 25 minuti di utilizzo (adesso scesi a 6 punti in quasi 17 minuti: accorciare le rotazioni è la legge dei playoff, secondo alcuni).

Per adesso, è arrivata una prima serie durissima (risolta in gara7) contro i Dallas Mavericks, poi una semifinale di conference abbordabile (4-1 su Portland), e adesso c’è Oklahoma. Nel mezzo, appunto, la 111esima vittoria del trio TimTonyManu. Dopo più di dieci anni assieme, i loro nomi sono tutt’uno.

Lo scorso anno, il titolo è sfumato in gara7 (dopo che in gara6 è stata persa un’occasione d’oro, sul +3). Riguardiamo adesso il video di sopra, e quel passaggio: niente spazio per tirare, bisogna inventarsi qualcosa. Una specie di calcio d’angolo: palla a girare, che esce dal campo e poi arriva precisa tra le mani di un attonito Green. Soprattutto, guardiamo ancora: un passaggio del genere, da un lato all’altro del campo, fatto con una sola mano, e con precisione chirurgica.

Ecco: per vincere il quarto titolo assieme, il trio dovrà inventarsi ancora qualcosa (Miami pare troppo forte, sulla carta). Perché vincere 111 partite insieme conta comunque meno di vincere un titolo assieme.