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L’Atlético Madrid ha la sua “decima”

Entrare in un’arena gremita in attesa di dover affrontare dei leoni e con il timore di essere sbranati. Uscire da vincitori tra gli applausi di un pubblico ostile fino a pochi minuti prima. Questo in poche parole è il sabato da gladiatori vissuto dall’Atlético Madrid, capace di uscire imbattuto dal Camp Nou e centrare il decimo titolo nazionale nella storia dei colchoneros. Una prova di carattere e grinta, ma anche di grande organizzazione difensiva. Gli uomini di Diego Simeone non hanno mai mollato, non hanno mai ceduto a ogni singolo segnale che minuto dopo minuto sembrava orientare il destino verso un trionfo blaugrana.

La Liga negli ultimi anni aveva deciso le proprie sorti esclusivamente sul Clasico, relegando le altre squadre al semplice ruolo di sparring partner. Quest’anno, invece, la Spagna c’ha regalato un’ultima giornata da brividi con un calendario capace di incrociarsi alla perfezione con l’andamento della stagione. Ed è un peccato che il Real Madrid sia inciampato nel finale, evitando un finale a tre ancora più saporito di quello offerto ieri. Bisogna essere sinceri: tra Barcellona e Atlético Madrid il gioco sicuramente non ha brillato. Da una parte una squadra arroccata in difesa all’italiana, dall’altra undici uomini bravi a far girare palla, ma incerti quando ci si avvicinava nei paraggi dell’area di rigore madrilena.

Due infortuni pesanti, una prodezza balistica di Sanchez e un pubblico catalano ancora più  infuocato. Gli ingredienti ottimali che facevano presagire un successo del Barcellona, un regalo di addio del Tata Martino a un pubblico che non lo ha mai amato. La sorte dell’Atlético Madrid appariva segnata e per molti, forse, una situazione critica che avrebbe potuto condizionare psicologicamente il gruppo in vista della prossima finale di Champions contro i cugini del Real. Invece Simeone, uno che in campo ha sempre mostrato la cattiveria necessaria per affrontare gli ostacoli più severi, è riuscito in quei quindici minuti di intervallo a motivare i suoi, a non farli abbattere, a caricarli e a farli ritornare in campo più arrabbiati di prima. Così abbiamo visto l’Atlético Madrid diverso a inizio ripresa; un atteggiamento che ha sorpreso tutti, in primis proprio la retroguardia catalana che improvvisamente è andata in difficoltà. Un Atletico paragonabile a un pugile capace di rialzarsi da terra e di mettere a segno una serie di colpi duri nei confronti dello sfidante. Prima il palo di Villa, poi il gol del pareggio e per poco anche il raddoppio. Incredibile come una partita possa cambiare volta, come possano mutare d’improvviso le trame di gioco nel giro di pochi minuti.

Va applaudita la strenua resistenza con cui i colchoneros hanno conservato con i denti il pareggio fino al triplice fischio finale, lasciando il fianco sulle corsie laterali ai cross insidiosi degli esterni blaugrana, ma senza concedere sbavature in area e spazzando qualsiasi palla pericolosa. Un titolo meritato non solo per quanto visto ieri a Barcellona, ma principalmente per tutto quello che è stato costruito nell’arco di un’intera stagione. Una squadra che ha saputo consolidare il proprio gruppo nonostante la partenza del pezzo pregiato Falcao e che ha trovato in Simeone un abile condottiero. Il Real di Carlo Ancelotti adesso è avvertito: l’Atletico c’è e e non partirà da sfavorito nella finalissima di Champions League.