Hispania caput Europae
Neanche la maledizione dell’Olandese Volante. Se il calcio fosse l’oceano, il Benfica sarebbe sicuramente quel vascello misterioso, antichissimo, su cui il capitano – un fantasma – è costretto per l’eternità a giocare a dadi con la morte. Una pena da scontare: questo sembra il pallone, in Europa, per la squadra portoghese, che neanche a dirlo perde la finale di Europa League ed è costretta a dire addio a sogni di gloria che in campo internazionale mancano da oltre cinquant’anni.
Jorge Jesus ha provato a tirare fuori dai suoi quella grinta che per larghi tratti ha comunque messo in difficoltà un Siviglia ordinato, capace di resistere ma non di affondare il colpo nel corso dei novanta minuti e dei supplementari. Sembrava di assistere a un duello di scherma: tanta concentrazione, troppa attenzione, grande studio dell’avversario, voglia di colpire senza scoprirsi. Il risultato, uno zero a zero che si è trascinato fino a quei calci di rigore che sono risultati fatali ai portoghesi. Esulta il Siviglia, in quel di Torino la Spagna vince, anzi: vince ancora. Il doble è servito: la finale di Champions, in programma sabato 24 a Lisbona, se la contenderanno Atlético e Real Madrid. Un derby da urlo, l’ennesima sfida incrociata tra due squadre che si sono date battaglia per tutto l’anno anche in campionato.
Insomma, dicevamo: Benfica maledetto in Europa, Spagna padrona assoluta del calcio europeo, Torino fine teatro di una finale che ha reso lustro alla città della Mole. E’ stato meraviglioso seguire l’ultimo atto di questa Europa League dal vivo, tra l’altro: vivere da accreditati una finale di una competizione internazionale è un privilegio che a noi hanno concesso, e non lo scrivo qui per autocelebrarci. Avere il nostro Marco Iannotta accreditato allo Juventus Stadium è stato un onore, l’ennesimo “piccolo grande” traguardo raggiunto da questo sito che ha due anni e mezzo di vita, e che si è trovato a lavorare con colleghi rappresentanti testate che in quanto a età potrebbero essere delle nonne in confronto alla nostra.
Dicevamo, poi, che nella penisola iberica, tra Castiglia e Catalogna, si è tornati a giocare il calcio che fa vincere e divertire: chissà se sarà così anche in ottica mondiale. Fra meno di un mese si parte: l’Italia difficilmente, a mio avviso, potrà competere, sia guardando il valore della propria rosa, paragonata alle potenze del calcio mondiale (Spagna ovviamente in primis); sia perché, come ha scritto ieri Alessandro Lelli, c’è molto disordine a livello organizzativo in quel di “casa Azzurri”. Comunque, si tratta di altro calcio, di altra competizione, di altro spettacolo. Se la squadra di MP andrà in Brasile? Chissà: forse sì, forse no. Di certo, non è la distanza che ci fa paura. Di certo, il mondiale lo racconteremo in diretta e ve lo racconteremo in maniera completa, come abbiamo fatto col campionato, con l’Europa League, con la Champions e tutte le altre competizioni che ci appassionano di settimana in settimana. Saranno notti lunghe e insonni, speriamo gioiose e festanti. Imporsi – parlo da azzurro – sarà dura, soprattutto vedendo come si stanno mettendo le cose tra le squadre di club. Quella Juventus che rappresenta gran parte della nostra nazionale, in Italia stravince, in Europa cede il passo. Lei, l’emblema del nostro status internazionale? Purtroppo sembra di sì, e si torna all’Europa League: i bianconeri volevano arrivare in finale per giocarsela tra le mura amiche, hanno potuto solo assistere alla sfida seduti sugli spalti. Così non dovrà essere, in Brasile. Così non dovrà accadere. In Brasile l’Italia dovrà tirare fuori il carattere, e far vincere il proprio modo di fare calcio. Quello che – come abbiamo detto e ridetto tra queste pagine – a noi non sta portando benefici; a chi lo ha esportato all’estero, invece, sembra proprio di sì.