Si potrebbe dire, e si dovrebbe, che la Mercedes è stata la migliore. E va detto: invece di ridursi, il distacco tra la coppia Hamilton-Rosberg e il resto del gruppo sembra aumentare sempre di più. E a questo punto anche l’alibi del motore non regge: le altre vetture motorizzate Mercedes non hanno stupito come altre volte, e subito dietro ai primi due si sono piazzati due propulsori Renault.
Il dominio non è tanto dovuto quindi alle power unit, quanto proprio all’insieme della vettura. Voci di paddock parlavano addirittura di una specie di rivoluzione, dopo la Cina: la macchina sarebbe stata ripensata in più punti, portando a un ulteriore passo in avanti. Con il risultato che i progressi della concorrenza (soprattutto della Red Bull) finiscono per venire “vanificati”, se tra le vetture di Stoccarda e il resto della compagnia corre almeno un secondo a giro.
Ma dicevamo di chi è stato migliore: sicuramente le Mercedes, vero. Ma anche, e soprattutto, Sebastian Vettel: quattro volte campione del mondo, e ieri ha dimostrato che non era soltanto merito di Newey o del muretto. È arrivato ancora dietro al compagno di squadra, vero. E non è arrivato sul podio, a differenza del compagno di squadra.
Ma è partito tremendamente dietro, pagando due volte il guasto in Q3 (prima senza compiere i giri, poi con la penalizzazione in griglia per la sostituzione del cambio). E proprio da qui può partire la sua stagione: dalla consapevolezza di avere compiuto ottimi sorpassi e una grande rimonta, con un muretto pronto a dettargli le soluzioni migliori (incluso quell’“use your head” finale, su Bottas) e una vettura che, al momento, pare la seconda forza.
Vero che il tedesco continua a soffrire l’abolizione degli scarichi soffiati, ma questo è comune un po’ a tutte le scuderie “normali”. Basta osservare le Mercedes in uscita di curva: sono le uniche a uscire di curva con tutte e quattro le ruote incollate a terra, laddove le altre vetture scivolano e richiedono numerose correzioni. Ne sa qualcosa Räikkönen, un altro che ancora non sembra essersi adeguato.
Il finlandese, se pure non si discosta troppo dal compagno, nel finale ha dimostrato tutte le difficoltà del momento: sorpassato da Vettel e poi dal compagno di squadra, infine doppiato a un giro dal termine. La F14 T non ha abbastanza trazione. Possiamo anche immaginare la frustrazione di Kimi, costretto ad alzare il piede di fronte alle bandiere blu: per regolamento, per cavalleria, perché sa cosa si prova a dover doppiare mentre si è in lotta; forse anche per abbreviare di un giro la sofferenza di non poter dare di più.
Almeno, Vettel ieri ha limitato i danni nel modo migliore: attaccando. Anzi: dovendo attaccare. Si è messo alla prova, e ha potuto mettere alla prova anche la propria monoposto. La Red Bull non sarà più la prima della classe, ma ha dimostrato di avere piloti giovani e arrembanti, pronti a dare battaglia. Se magari dalla mente di Newey verranno partorite nuove idee, forse assisteremo a una stagione come il 2009: se non al comando, almeno in recupero.
Recupero che la Ferrari, per bocca del presidente Luca Cordero di Montezemolo, ha programmato per il Canada: gara difficile, in cui la potenza conta molto. Soprattutto, però, la sensazione è che la data sia tardiva: manca quasi un mese, nel mezzo può succedere di tutto. Tranne forse che le Mercedes si dimentichino come si fa, e restino a guardare.