Ci sono stati momenti, neanche troppo remoti, in cui queste due squadre recitavano le voce grossa in Europa.
La Lazio di Cragnotti, per esempio, scriveva pagine e pagine di storia delle coppe europee, portava a casa tutti i trofei tranne quello con le grandi orecchie, schierava un undici di assoluto livello. Non era da meno l’Inter, protagonista a livello internazionale nella finale del 1998 a Parigi (avversaria proprio la Lazio), 12 anni dopo sul tetto d’Europa.
Cito il passato perché, francamente, il presente è poco felice. La Roma di sponda biancoceleste sta vivendo una stagione per la quale gli aggettivi si sprecano, in negativo. Non che l’organico autorizzasse chissà quali sogni, ma questa Lazio attraversa un momento surreale, finto, anonimo. Leggero nella sua stranezza, non so se mi spiego: la continua contestazione, il mercato che piange, la guida tecnica cambiata e tutto il resto hanno reso l’ambiente un po’ piccante e un po’ dormiente, a volte caldo e a volte no.
Chi scrive, per esempio, era presente all’Olimpico la sera di Lazio-Sassuolo, posticipo del lunedì ricco di gol ma povero di contenuti tecnici. Il problema, allo stadio e alla radio, è che si parlò solo di altro e non della partita: libera la Lazio dicevano cori e cartelli, di uno stadio parecchio gremito per la sfida alla neopromossa. Come dire, un popolo intero (o quasi) contro presidenza e dirigenza, a prescindere dai gol e dal campo.
Senza entrare, qui, nel merito dei torti e delle ragioni, ciò che mi andava di rimarcare è questa situazione surreale, che rende poco giudicabile questo 2013-2014. Anche dati incontestabili come il gap nei confronti dei rivali cittadini o la deludente eliminazione europea alla fine passano in secondo piano, perché parlare di Lotito, della contestazione, degli spalti vuoti e delle proteste è non solo naturale, ma necessario.
Dall’altra parte, il sabato sera del calcio italiano, ennesimo atto dello spezzatino infinito, ci regala un’Inter con le ossa rotte dopo la stracittadina, certo pensierosa. Un’Inter, a leggere i giornali, già proiettata sul mercato estivo, tra sogni di campioni o presunti tali e idee di parametri zero dal cognome illustre. Queste due partite serviranno a blindare il posto in Europa, sinceramente in discussione dopo il ko nel derby, e a togliere un po’ di pensieri agli amici interisti.
Resta la sensazione, quando si osserva la situazione di questa squadra, che il Triplete faccia ancora effetto: un gigante che guarda da lontano, che brilla e spaventa, gigante col quale devi confrontarti anche se non ne hai più le risorse e la dimensione. I dubbi su Mazzarri, del resto, restano: era davvero l’uomo giusto per ripartire, per costruire un ciclo coi giovani e sul lungo termine?
Lasciamo che il tempo risponda a questa domanda, perché ogni allenatore ha bisogno, specie in una situazione di transizione e ricostruzione, di lavorare con calma e con la fiducia della società. Ma lanciamo un avvertimento: un altro anno senza Europa saprebbe di beffa, perché l’abito dell’Inter, storicamente, è europeo. ‘Inter Milan‘, come dicono gli inglesi, è un nome noto ed apprezzato in tutto il mondo, troppo grande per passare un altro anno fuori dal calcio continentale.
Da queste considerazioni, una conclusione che sa di augurio: Inter e Lazio lottino e diano vita a una bella partita di calcio, con in palio un bel pezzo d’Europa. Torino, Parma, Milan e Verona permettendo: perché la lotta per l’Europa (League) è quanto di più vero, combattuto e genuino che questa nostra Serie A ci abbia regalato quest’anno.
Teniamocela stretta, ci divertiremo.