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Era il 28 gennaio 2014 e il Sassuolo stava per completare il mercato di riparazione probabilmente più grande della sua storia, con moltissimi titolari presi da altre realtà italiane: tra cui anche il futuro capitano, Paolo Cannavaro, uno che il cuore non l’ha mai lasciato al proprio posto ma ha sempre preferito metterlo in campo, in Serie C così come in Serie A. Quel giorno, però, saltò la panchina di Di Francesco, colui il quale aveva propiziato la promozione dalla B alla Serie A, quella luce in fondo al tunnel che il Sassuolo non aveva mai visto nella sua storia: come può una cittadina di 40mila abitanti competere con realtà come Catania e Bologna? Questo, in fondo, ce lo siamo chiesti in molti nell’agosto scorso, quando cercammo di mettere in fila le squadre del massimo campionato italiano, quasi fossero le qualifiche di un Gran Premio di Formula 1.

Anche nei cambiamenti più radicali, però, un briciolo di continuità ci dev’essere: due settimane prima di quell’esonero, a salvare la panchina del mister ci pensò un ragazzo del 1994, un certo Domenico Berardi, uno di cui sentiremo parlare anche più avanti. Quattro gol al Milan peggiore che io ricordi permisero, infatti, al Sassuolo di ritrovare i tre punti dopo mesi di sofferenze, di adattamento a una categoria così difficile da digerire per una piccola; un miracolo sportivo a tutti gli effetti, una di quelle partite che in Emilia ricorderanno per sempre specie perché contro l’altra squadra di Milano, sullo stesso campo, qualche giornata prima presero sette schiaffoni. Fa parte del gioco, ogni tanto si prendono – spesso se ti chiami Sassuolo – ma poi, quando me te lo aspetti, arriva il giorno in cui Davide batte Golia.

La Fiorentina di ieri sera, probabilmente, non avrebbe disputato una partita del genere se fosse stata ancora in lotta per qualcosa. Ufficialmente il quarto posto non è ancora stato blindato, ma quest’Inter non farebbe paura nemmeno a parità di punteggio, figuriamoci a quattro lunghezze di distanza. E poi, senza girare troppo il dito nella piaga, diciamolo chiaro e tondo: la stagione viola è finita sul sinistro di Ilicic che, sul 2-1 per il Napoli, ha mandato a lato il tiro più importante della stagione. La dura legge del gol, poi, non sbaglia mai e quindi Mertens, in contropiede, ha trafitto la viola nel più brutale dei modi; e quando non ci sei con la testa è inutile, le gambe non ti vengono dietro. E infatti la Fiorentina, appena ricevuta la sveglia dai propri tifosi e dal proprio allenatore, è quasi riuscita nella remuntada, salvo poi fermarsi a un centimetro dal traguardo: come sabato scorso.
Nemmeno a dirlo, anche in questo successo neroverde c’è molto Domenico Berardi che, con una tripletta, ha raggiunto quota 16 gol in Serie A: un risultato che, probabilmente, non si sarebbe immaginato nemmeno nel migliore dei sogni estivi, quelli un po’ disturbati dal dolore alle gambe per una preprazione fisica intensa. Alla fine è il campo a decretare il vincitore, e sempre il campo dice che a due giornate dal termine il Sassuolo è quint’ultimo, con 31 punti, davanti a Livorno, Catania, Bologna e ChievoVerona.

Nel mezzo, però, c’è stata la drammatica parentesi aperta e chiusa da Alberto Malesani, prima del Di Francesco II, che ha finalmente svegliato i suoi dal letargo invernale che li stava lentamente spingendo di nuovo verso la serie cadetta: la paura di vincere, però, adesso può essere deleteria. Domenica arriva al Mapei Stadium un Genoa demotivato che non ha più nulla da chiedere a questo campionato, e un successo garantirebbe agli emiliani la quasi certezza di restare in questa categoria anche il prossimo anno: un tricolore per chi, alle spalle, non ha tradizioni centenarie e soldi da sperperare a destra e a manca.