Home » Non è un’Europa per vecchie (signore)

Non è un’Europa per vecchie (signore)

Fuori dalla Champions League e dalla Coppa Italia già lo era, la Juventus. Da ieri sera, è fuori anche dall’Europa League, la competizione che era diventata primaria nella testa dei bianconeri dato sia che la finale, quest’anno, sarà disputata allo Juventus Stadium, sia che il discorso scudetto può dirsi già bello che archiviato da qualche mese a questa parte. Tracciando le somme, dunque, il ko col Benfica relega la Vecchia Signora a protagonista mancata in un’Europa che continua a non appartenerle. Costringendo così il popolo juventino a prendere consapevolezza che quest’anno, la stagione, no: non può dirsi soddisfacente. Sia chiaro: lungi dal considerare la vittoria del campionato qualcosa di poco conto; è però ovvio che in casa juventina si ambiva a qualcosa di diverso, quest’anno; qualcosa in più, qualcosa che potesse accompagnare un tricolore in cassaforte praticamente già da inizio stagione. Invece, no: tutt’altro che annata da ricordare, e non ce ne voglia nessuno. Non è una critica, questa: solo una chiara constatazione dei fatti. La Juve vince in Italia, ma non all’estero; e per un club che ha voglia di imporsi anche fuori dai confini nazionali, non riuscirci è un qualcosa che di certo non soddisfa.

Una stagione perfetta, invece, sicuramente lo è per l’Atlético Madrid. In casa biancorossa, tutto è da incorniciare in questa annata che sta portando soddisfazioni con la pala: primato meritatissimo in campionato, finale di Champions League appena conquistata. Il merito non può non essere suo: Cholo Simeone, che hai combinato? Hai preso il comando di una squadra e ne hai stravolto il modo di concepire il calcio, hai reso vincente la mentalità di un gruppo che diciamolo apertamente, non pensava affatto di poter arrivare a certi livelli. Invece, giù il cappello: i Colchoneros convincono, per ora vincono, e se vinceranno alla fine potranno fregiarsi del titolo di squadra “esemplare”: sia per lo stile – avete visto la folle voglia che infiamma l’animo di ogni singolo giocatore? – sia perché – letteralmente – un esempio, questo Atlético, in caso di successo (soprattutto in Europa) lo diventerebbe per tutti. Un clamorosissimo doble, poi, vorrebbe dire estasi assoluta per una piazza rassegnata, per abitudine, a considerarsi seconda nei confronti del più blasonato Real.

Già, il Real Madrid, l’altra finalista. Lo scontro decisivo di questa Champions sarà tutto madrileño. Altra grandiosa squadra, quella di sor Carletto; il fatto che ci sia lui sulla panchina delle merengues ci regala un pizzico d’orgoglio. Lo abbiamo scritto esattamente una settimana fa: è una (seppur piccola) soddisfazione per il nostro calcio, per uno stile di gioco attendista ma pungente, prudente ma pericoloso. Anche un po’ sfacciato, come noi italiani sappiamo essere nei momenti duri: mettiamo la faccia avanti, affrontiamo la situazione, nonostante il più delle volte sappiamo già di partire in svantaggio. Il Real Madrid – uno squadrone, sia chiaro – personalmente ha saputo agire proprio in questo modo. Si è presentato all’Allianz Arena, due giorni fa, facendo in modo che l’avversario non praticasse il suo consueto gioco. Ha atteso per poi far male, quattro volte. Ancelotti, complimenti. Ora, l’ultimo ostacolo da affrontare: quel Cholo Simeone inrociato qua e là sui campi italiani, quando tu eri in panchina e lui in campo, entrambi protagonisti della nostra Serie A.

Juve fuori dunque; Ancelotti dentro nella grande Europa con il suo Real, Simeone idem con l’Atlético. Se ci pensiamo un po’ più accuratamente, ciò che fa la differenza è la mentalità, la strategia: quella che sì, sappiamo studiare, solitamente, molto bene da queste parti. Siamo d’altronde un popolo di calciofili, vero, ma anche di grandi pensatori, e nello sport ci vuole cuore, e grinta, e forza, e fisico, ma soprattutto testa. Quella testa che in Europa non ha usato bene la Vecchia Signora; quella testa che dovremo saper unire alla qualità negli anni a venire; quella testa che ha e utilizza alla grande… sì, proprio Ancelotti, bandiera italiana all’estero, vessillo italico in una Champions League che da un po’ non ci appartiene, ma può regalarci comunque un pizzico di soddisfazione quest’anno tingendosi, seppur in un angolino, di modesto tricolore.