Chi scrive non è mai stato un estimatore di Del Piero. Professionista esemplare, uomo bandiera (anche in Serie B), tutto quello che volete; ma non mi sono mai andate giù molte cose (dalla “cacciata” di Baggio, per il quale ho sempre stravisto, a una nazionale nella quale ha fatto bene solo quando aveva già perso cento occasioni). Sopravvalutato? Se lo dicessi, esagererei. Sicuramente uno degli juventini più rappresentativi di sempre; ma non riesco a considerarlo un campione. Lo rispetto, ma non lo apprezzo. Lo stimo, ma non di più. Calcisticamente parlando, s’intende.
Poi però provo a guardare a una serie di circostanze astrali “strane”: Pinturicchio che potrebbe diventare allenatore-giocatore in quel di Sydney, Antonio Conte che ancora non ha rinnovato con la Juventus, Marotta che sostiene che si parlerà di rinnovo «a giugno, dopo aver vinto qualcosa di grandissimo», e poi la partita di ieri (sconfitta per 2-1 al Da Luz, contro il Benfica). Andiamo con ordine.
Del Piero allenatore? Non ci vedo niente di male. Non so se farebbe meglio o peggio di un Seedorf, ma so che ha esperienza e carisma sufficienti per crearsi una carriera. A che livelli, con che ambizioni, non dipende soltanto da lui (ma anche da una variabile chiamata fortuna, o fato). Partire da Sydney potrebbe essere un’idea: la lontananza non lo aiuterebbe a far carriera, magari – ma sicuramente lo libererebbe da un po’ di quella pressione che in Italia sarebbe insostenibile.
Conte non rinnova? Avrà i suoi motivi. Uno dei quali, secondo me, è la stanchezza: è difficile fare di più che stravincere il campionato, a maggior ragione quando in Champions non ha funzionato neanche stavolta. Bisogno di nuovi stimoli? Può essere. Bisogno di rimettersi in gioco, o sentore che per prolungare il ciclo non ci siano tutte le condizioni? Anche. (Cruijff diceva che, per non ritrovarsi con una squadra sazia, bisognava cambiare almeno quattro giocatori l’anno: mio modesto parere, aveva ragione.)
E l’Europa League che fa, aspetta? Marotta ha detto che di rinnovo si discuterà a vittoria ottenuta, senza precisare quale. La tripletta in campionato sarebbe già un grandissimo risultato, sì. Specie ripensando a dove era la Juventus pochi anni fa. Il punto, però, è anche vero che una vittoria in Coppa potrebbe sì essere affascinante e portare più soldi per l’assalto alla Champions, ma potrebbe anche rappresentare l’ultimo atto (troppo grande, per Conte, il rischio di fare un passo indietro).
Non voglio fare due più due già adesso – e tantomeno dirò mai «io l’avevo detto per primo» (non sono il tipo), se mai succederà qualcosa. Voglio solo dire che, fatti due conti, il 2-1 portoghese è il risultato minimo: sconfitta, di misura, e con un gol segnato in trasferta (fanno sempre comodo). Non certo quello che tutti sognavano, ma lascia aperta la porta a ogni risultato. E per sapere come andrà a finire dovremo aspettare solo una settimana.
Tre settimane. Al termine della prima, il primo verdetto: dentro o fuori dall’Europa League. Il primo maggio è festa, almeno finché non ci toglieranno anche questa. E, se non andrà come gli juventini sperano, non ci sarà granché da festeggiare né per i tifosi, né per Marotta, né per Conte. Poi altre due settimane: per l’eventuale finale di coppa, e per il saluto alla stagione. Rinnovi, ripetizioni, riconferme, rivoluzioni. Tutto in tre settimane.
Poscritto. C’è poco da festeggiare, quando Tito Vilanova viene operato di nuovo. Nel nostro piccolo, proviamo a pensarlo: perché è comunque uno di noi, uno che vive lo sport. Come noi.