Marko Livaja e la “linea sottile”

Sicuramente molti di voi sono a conoscenza degli episodi relativi a Marko Livaja, attaccante croato dell’Atalanta che ha avuto qualche screzio di troppo sulla sua pagina Facebook con dei tifosi atalantini. Il giocatore in comproprietà tra i nerazzurri di Milano e i nerazzurri di Bergamo infatti nell’ultima partita si era reso protagonista di una poco edificante lite con alcuni supporters che lo hanno contestato al momento della sua sostituzione. I toni si sono scaldati eccessivamente e Marko ha risposto in maniera pesante ai suoi contestatori, precludendosi con tutta probabilità una permanenza a Bergamo nella prossima stagione, nonostante poi abbia provveduto a scusarsi in un secondo momento.

L’attaccante non è nuovo a questi colpi di testa (e non solo, come ricorderà bene il suo ex compagno di squadra Radovanovic, colpito da un pugno dal croato durante un alterco) e personalmente ho provato a mettermi nei panni di Marko, pur rimanendo dell’idea che le sue reazioni siano state fuori luogo e da stigmatizzare. Mi son quindi detto che forse a un ragazzo di appena venti anni che ha lasciato la sua famiglia e la sua terra natale a nemmeno 18 anni per inseguire il suo sogno di diventare calciatore, ricevere degli insulti così pesanti, di stampo razziale, all’indirizzo dei suoi familiari, può far perdere le staffe. Sono sempre stato un fermo oppositore di quella logica secondo la quale i calciatori devono sopportare tutto e tutti in silenzio soltanto in virtù del fatto che prendono stipendi alti e godono di una fama per la quale sono da considerare dei privilegiati. Ciò che molta gente tende purtroppo a dimenticare troppo spesso è che abbiamo a che fare pur sempre con degli uomini, che hanno una dignità e dei sentimenti che sarebbe opportuno cercare di non ferire. Con questo non voglio certo dire che il tifoso non può manifestare il suo dissenso, anzi. Ma troppo spesso quella “linea sottile” che dà il titolo a questa piccola riflessione viene oltrepassata.

Di esempi ne possiamo fare tantissimi, da quello eclatante della partita interrotta a Genova a Miralem Pjanic, accolto con insulti e lancio di oggetti questa estate soltanto per aver fatto i complimenti al suo connazionale Lulic per la vittoria in Coppa Italia. A scanso di equivoci lo ribadisco di nuovo: la reazione di Livaja è sbagliata e bene farà la società se prenderà provvedimenti in tal senso. Ma mi piacerebbe che venissero stigmatizzate ogni tanto anche queste contestazioni che vanno un po’ troppo oltre. Come ha detto Marko, si è trattato solo di “pochi razzisti”. Ma se non cominciamo a condannarli e li facciamo passare sotto silenzio, rischiamo davvero che dare dello “zingaro” a un ragazzo di 20 anni diventi un episodio normale agli occhi dell’opinione pubblica e questo si che sarebbe grave. Molto più grave della risposta piccata di quello che in fin dei conti è un ragazzo, seppure privilegiato.