Russia, quando la panchina scotta
La stagione 2013-2014 ha visto fino ad ora numerosi cambiamenti in panchina nel massimo campionato russo. Andiamo ad analizzare i vari esoneri: cacciare il proprio allenatore si è sempre rivelata una scelta azzeccata?
Diciannove scossoni (senza tenere in considerazione quanto accaduto durante i ritiri estivi) hanno messo in subbuglio le 16 panchine del massimo torneo calcistico russo. Soltanto tre squadre (CSKA, Rostov e Lokomotiv) hanno, nel momento in cui scrivo questo articolo, lo stesso allenatore con il quale hanno iniziato la rassegna. Allenare in Russia, soprattutto per uno straniero, è cosa complicata, è risaputo, ma quest’anno anche molti specialisti autoctoni sono finiti nelle grinfie di presidenti scontenti e delusi dal rendimento delle proprie squadre.
Nel 2014 sono avvenuti i cambi più clamorosi, quelli che hanno coinvolto le squadre di alta classifica e che, soprattutto, non erano attesi dagli addetti ai lavori. Ad aver risuonato maggiormente è stato l’addio di Luciano Spalletti allo Zenit San Pietroburgo, anche perchè al suo posto è arrivato in riva alla Neva un altro straniero, il portoghese Andre Villas Boas; la scelta del potente presidente Aleksej Miller è comprensibile, anche se è apparsa un poco sconsiderata nelle tempistiche: Spalletti aveva rotto con molti senatori ma la società aveva deciso di stare dalla sua parte, confermandolo sia a luglio che a dicembre e allontanando Roman Shirokov (ceduto in prestito al Krasnodar). Dopo sole due partite (le orribile prestazioni con Borussia Dortmund e Tom Tomsk), però, il club di San Pietroburgo è tornato sui propri passi, e ha preferito cambiare prima che fosse troppo tardi. I risultati sono subito arrivati, con Villas Boas la squadra ha ripreso a macinare successi, con quattro vittorie di file e 14 gol fatti. Hulk appare rivitalizzato, e tutto il gruppo ha risentito in maniera positiva del cambio d’allenatore. Ora sta a Boas far sì che l’effetto novità perduri a lungo e che la prima piazza, conquistata lo scorso turno dopo il perentorio successo sul Krasnodar, sia conservata sino alla fine.
E’ delle ultime settimane invece lo scandalo che ha investito un glorioso club come lo Spartak Mosca. Valerij Karpin ha pagato un inizio di 2014 aberrante che ha spezzato sul nascere le velleità di titolo (lo Spartak da più di 10 anni non alza alcun trofeo) e il suo sostituto Gunko ha dovuto fronteggiare un Buvnov (opinionista, ex calciatore) imbufalito nella conferenza stampa dopo la sconfitta casalinga con l’Ural. Tornando a Karpin, un portale nostro concorrente ha addirittura avvicinato il nome del biondo ex Celta Vigo al Manchester United per il dopo Moyes: in Russia al sentire la notizia non hanno potuto far altro che ridere anche se vederlo all’Old Trafford sarebbe davvero curioso. Tutti amano scherzare Karpin, ma sarebbe inglorioso non ritenerlo un grande uomo di calcio.
Non si sta tranquilli nemmeno in casa Dinamo. La sconfitta per 4-0 in casa dell’Anzhi ha sancito la fine dell’esperienza di Petrescu, che aveva saputo risollevare la squadra un anno fa dopo un inizio condito da cinque sconfitte consecutive, ma che non è riuscito a far fare il salto di qualità in questa stagione sino ad ora troppo altalenante per una squadra che punta al podio. Al suo posto è arrivato Cherchesov, che ha rifiutato di ritornare allo Spartak (dove era stato nel 2008 con cocenti umiliazioni) e ha accettato la proposta del club gestito dalla banca Vtb, dopo due stagioni ottime con Terek e Amkar. A proposito di Terek, l’arrivo di Rakhimov (ex Amkar peraltro) ha migliorato drasticamente la situazione. L’esperto tecnico di passaporto tagiko ha conquistato ben 17 dei 26 punti totalizzati dalla compagine cecena in questo campionato.
Anche Krasnodar non è stata immune da questi scossoni: a inizio stagione, un po’ a sorpresa, Galitskij ha deciso di esonerare il serbo Muslin, prendendo Kononov. Restando in città il Kuban ha esonerato Munteanu per far spazio a un altro bielorusso, l’ex BATE Goncharenko. I neroverdi ci hanno preso, i gialloverdi, tutto sommato, anche. Un altro cambio che ha fruttato e non poco è quello avvenuto in Siberia, sulla panchina del Tom Tomsk. Con Davydov non erano arrivate vittorie, con Baskakov i biancoverdi sono ancora in corsa addirittura per la salvezza diretta. Rimanendo sempre a est, merita una importante menzione anche Tarkhanov, che con il suo Ural ha raccolto 15 punti su 21 nel 2014, vincendo in casa di Spartak e Krasnodar.
Alla fine praticamente tutti hanno giovato del cambio di guida tecnica (per la Dinamo è presto per dirlo, mentre lo Spartak è in una situazione burrascosa dove al momento l’arrivo di Gunko incide davvero poco) a parte un caso specifico: ci riferiamo al Rubin Kazan. L’addio di Berdyev, in Tatarstan da una vita, era in ogni caso difficile da digerire; certo, l’arrivo di Rinat Bylyaletdinov, con alle spalle una carriera d’allenatore importante quanto quella del sottoscritto, non ha aiutato un gruppo privato dei suoi giocatori più forti, come Rondon, Natkho e Ryazantsev. A Kazan, dopo anni di coppe europee, si rischia addirittura di finire a giocare gli spareggi per non retrocedere. Un delitto, calcisticamente parlando.
Mancano cinque gare, vedremo altri coach silurati? Dura, quasi impossibile. Ma in estate, col mondiale di mezzo, tutto può succedere. Cambiare allenatore consegna sempre grandi motivazioni a una squadra, è risaputo, ma forse consentire al proprio tecnico di svolgere la preparazione, indicare gli obiettivi di mercato e lavorare con tranquillità con i propri giocatori è il viatico migliore per raggiungere risultati nel medio-lungo periodo.