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L’intera Premier League rende omaggio oggi al Manchester City, che nel recupero del martedì sera ha piegato i rivali cittadini dello United, con un secco 0-3. È un successo rotondo, roboante e indiscutibile: una grande ombra si proietta sulla già disastrata stagione dei Red Devils, mentre la parte blu di Manchester sorride e pregusta di far la voce grossa nella lotta per il titolo.

Le qualità di questi Citizens sono presto dette: tecnica, gioco, possesso palla e concretezza. Dai diligenti e sempre affidabili Zabaleta e Milner sino al talentuosissimo David Silva, questa squadra una mentalità vincente e offensiva, sicuramente più coraggiosa rispetto all’era Mancini. Se sotto la guida del tecnico italiano certi titoli erano arrivati ma senza un cambio di attitudine, l’impressione è che Manuel Pellegrini abbia lavorato sull’aspetto mentale, rendendo il gruppo sempre più consapevole dei suoi mezzi, alla ricerca della perfezione.

Si obietterà, come è lecito, che nelle competizioni continentali il cambio di passo è stato minimo, poco serio, non rilevante. Quasi simbolico, magari: dall’uscire ai gironi all’eliminazione ai quarti cambia poco o nulla. Da questo punto di vista il percorso è ancora lungo, anche se la dea bendata una mano non l’ha data, no: Bayern Monaco nel girone e secondo posto “automatico”, Barcellona agli ottavi e ko secco.

Poco, seriamente parlando, per chi ha speso vagonate di milioni, alla ricerca anno dopo anno dell’alloro inglese ed europeo, dell’ingresso nella storia dalla porta principale, ma la verità è che le squadre che oggi dominano il calcio continentale sono prodotti rifiniti, studiati nei particolari più minuti, e stazionano ad un livello cui per adesso è possibile soltanto avvicinarsi. Insomma è vero che con un sorteggio diverso avremmo (forse) fatto altri discorsi, ma le lacune continentali restano e ci vorrà del tempo. Anche in patria avere la rosa lunga aiuta: ti manca Aguero e metti Dzeko, mica male.

Certo non si sottovaluta quanto fatto in Inghilterra, con la sempre troppo bistrattata (da chi non la vince) League Cup messa in saccoccia e un percorso adesso convincente in campionato. Adesso sono 3 i punti di ritardo dal Chelsea capolista, ma potrebbe cambiare tutto con le 2 gare da recuperare. Partite non impossibili e classifica falsa, ingannevole, accattivante. Scivolosa, perché poi il tonfo ti può capitare contro chiunque (vero Mou?), anche se hai in Yaya Touré il centrocampista più completo di questo pianeta. Ma avercene di lotte al vertice così intense, tra la scaramantica calma di Mourinho e la spensieratezza del Liverpool, sbarazzino avversario che non t’aspetti. Forse ha salutato tutti l’Arsenal, fermato in casa dallo Swansea: Wenger ancora rimandato, se ne parlerà tanto.

Poco (o troppo) da dire invece sul Manchester United, che vive una crisi tecnica impensabile sino a un anno fa. O forse no, perché i segni che un cedimento sarebbe arrivato c’erano tutti: contratti dei veterani in scadenza, grane su questo o quell’altro rinnovo, mercato inesistente e poi spendaccione negli ultimi giorni, in agosto come in gennaio. Un calciatore come Fellaini, brillante all’Everton ma pesce fuor d’acqua in un top club, questa stagione la incarna tutta: ci vuole tempo e Moyes ha avuto a che fare con molti infortuni, però qualcuno avrà perso la pazienza.

Desta preoccupazione che una squadra storica del calcio europeo veda, già in marzo, il proprio capitano firmare per un’altra, o vedere uomini un tempo affidabili e veri e propri maestri (Ferdinand, Evra) faticare con gli avversari più veloci e talentuosi: vulnerabilità che in Champions League potrebbe essere fatale.

Dalle gioie e i dolori delle due di Manchester alle ricorrenze più o meno fortunate in casa Arsenal, fino allo strano caso del Chelsea e del Liverpool, è una Premier League sempre più appassionante e d’atmosfera, è un campionato che varrà la pena vivere sino agli ultimi 90′. Nel frattempo, ci piace così: intensa e altalenante. Con mille storie per ogni squadra.

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Matteo Portoghese