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Immaginiamo di sfogliare la rassegna stampa sportiva del lunedì, lungo i Paseos di Barcellona o sulla Gran Via di Madrid. Dev’essere stato un bel commentare, dopo lo spettacolo pirotecnico offerto dalle due grandi di Spagna, nel ‘clàsico’ di domenica sera. Pronostico a favore del Real, iniziale vantaggio degli ospiti, doppia rimonta, discese ardite, momentanee risalite, panna sopra e panna sotto, fino al 3-4 finale e rilanciante vittoria corsara dei blaugrana del Tata Martino.

Quando dopo sette minuti e almeno tre precedenti ribaltamenti di fronte, Iniesta, proprio in quel di Madrid, ha rievocato le prodezze balistiche di Puskas, scaricando di precisione il proprio cannoncino sinistro sotto l’incrocio dei pali opposto all’angolo di tiro, chi poteva pensare che si sarebbe trattato solo dell’aperitivo in un menù da matrimonio del calcio? La doppietta di Benzema – che in un quarto d’ora ha avuto almeno altre tre chiare occasioni da gol per arrotondare, poi la tripletta di Messi – a completamento di un’altra manciata di statistiche infrante -, un palo di Dani Alves e un rigore trasformato da Cristiano Ronaldo. Quest’ultimo, per la verità, marcatore più per onor di firma sul tabellino che per suggellare i propri meriti prestazionali.
In mezzo, gli assist di Neymar e le sgroppate di Bale, i guizzi Di Maria e gli scatti fulminanti piazzati da Jordi Alba sul finale di partita. Un trionfo della tecnica, ma anche della condizione atletica. Schemi offensivi ben diversi: possesso palla e scambi stretti dentro l’area per Tata Martino, folgoranti transizioni offensive per Ancelotti. Ma in entrambi i casi, le speculazioni tattiche restano comunque sempre asservite alla ricerca del Sacro Goal.
Senza dimenticare uno stadio gremito e in clima di festa, malgrado la feroce rivalità calcistica, storica e municipale tra le contendenti e le rispettive tifoserie.
E’ appena il caso di notare, come su Fox ha evidenziato un ben ritrovato Pizzul, la mancanza di striscioni reciproci o di cori offensivi ad personam. Certo, occasionali selve di fischi all’avversario ed esultanze strabordanti al gol, ma questo è il sale e il pepe fisiologico che non può e non deve mancare alle tifoserie.
Il tutto, mentre in testa alla classifica, l’Atletico Madrid non perde un colpo. Tre squadre che danno spettacolo nel proprio campionato e contemporaneamente si ritrovano nei quarti di Champions League.

Senza nulla togliere all’impresa dell’Atalanta, che ha movimentato la giornata, ben diverso è invece il lunedì calcistico della serie A. A due mesi dal termine, arriviamo sul finale di stagione silenti, balbettando come estranei in ascensore. Oggi fa un po’ freddo. Lei a che piano scende? Poco altro da dire, insomma. Riuscirà la Lazio ad insediare Parma e Inter per il sesto posto che vale l’ultimo accesso all’Uefa? La Juve farà un record di punti? Tra Livorno e Chievo, quale squadra continuerà a vivacizzare il fondo classifica nel prossimo campionato?
In sintesi bruta, quel che resta del giorno è tutto qui.

Inutile negare che vi sia un gap economico tra i due campionati e che ciò influisca sulla cifra tecnica complessiva.Ma limitarsi a questo sarebbe riduttivo. Una certa attitudine più orientata al divertimento che alla preoccupazione, l’educazione al bello calcistico, la qualità della scuola tecnica e tattica nei vivai, gli investimenti negli impianti, sono tutte caratteristiche che evidenziano quanto lavoro sia stato fatto altrove e quanto invece occorre recuperare in Italia, dopo anni di immobilismo soprattutto culturale. Oppure, se si vuole vedere bel calcio, tanto vale iniziare a guardare fuori, come facevano in anni passati nel resto del mondo, quando le reti tv straniere affollavano i nostri stadi di telecamere. Stasera, a Manchester, c’è un derby che promette altro spettacolo.