Mens Sana in corpore (in)sano

Tutte quelle belle pagine di sport, tutte quelle emozioni regalate dai tifosi che, ogni giorno, hanno vissuto di basket dalla mattina alla sera, respirando l’aria del palazzetto quasi più di quella di casa propria. Tutto questo rischia di scomparire nel nulla. Il ciclo spettacolare di Siena, concluso con sette scudetti consecutivi, rischia di essere buttato al vento così come anni e anni di storia della pallacanestro italiana. I problemi sono di carattere esclusivamente economico, legato soprattutto alla crisi del Banco Monte dei Paschi che sta lentamente logorando una città che, attorno all’istituto di credito, ci ha praticamente costruito una civiltà: e le ripercussioni sul lato tecnico quest’anno sono state deleterie per la squadra, non tanto per i risultati ma per la qualità del gioco, nulla a che vedere con quella degli anni passati. Da qualche settimana, inoltre, la Mens Sana Siena è ufficialmente affidata al liquidatore Egidio Bianchi; egli avrà il compito di tagliare le spese e rimettere in ordine la contabilità della società, nel tentativo di salvare una polisportiva che, dal prossimo campionato, potrebbe non figurare più in Serie A e perdere i diritti dell’Eurolega.

La mentalità vincente, però, quella non te la possono portare via nemmeno con la forza: e questo vale sia per la società, sia per i tifosi sia per i giocatori stessi, che ogni settimana lottano su qualsiasi pallone con la consapevolezza che in campo, oltre ai quattro compagni, c’è una città intera a fare il tifo. L’altro giorno, facendo zapping sul divano, mi è capitato di guardare uno speciale sulla squadra biancoverde e, nonostante la mia fede non sia collegata a quei colori, mi ha colpito soprattutto l’amore che una parte della tifoseria ha avuto, ha tutt’ora e avrà per sempre nei confronti della maglia della Mens Sana. Niente trofei, niente competizioni internazionali e nessun tipo di disaffezione anche nel caso in cui dovesse ripartire da campionati minori. No, nulla di tutto questo, ma soltanto un grido univoco e assordante per dimostrare che “toglieteci tutto, ma non il nome e la nostra storia“. Un passato glorioso in Italia e anche in Europa, terreno nel quale Siena ha rappresentato per stagioni il nostro paese, raggiungendo anche le Final Four di Eurolega salvo poi essere spazzata dalle migliori squadre del globo. Sempre con onore, però, sempre con quella classe e quella determinazione che, da avversario, ti fa pensare: “Questi non avrebbero mollato nemmeno sul -30 a fine primo tempo, sia in campo che sugli spalti“. Chapeau.

Da Stonerook a Lavrinovic, passando per McCalebb e Hackett, senza dimenticare McIntyre e Moss. La lista dei campioni è lunga, alcuni di questi adesso giocano per l’EA7 Armani Milano e continuano a disputare un campionato di altissimo livello: sintomo che senza la crisi economica, forse, staremmo parlando dell’ennesima annata eccezionale di Siena. Adesso Bianchi, il liquidatore incaricato di rimettere i conti in ordine, ha un compito tanto difficile quanto ingrato. Riportare per terra società e tifosi, ridimensionandone obiettivi e strategie future, nel tentativo di non far sparire un’altra squadra storica dal panorama della pallacanestro italiana. Un’altra Fortitudo Bologna non servirebbe a nessuno, men che meno al movimento che sta attraversando un periodo abbastanza complicato anche dal punto di vista della Nazionale, anche quest’anno fuori dal Mondiale dopo l’agrodolce avventura europea dello scorso settembre. Perché in campo si è avversari, ma dopo si deve necessariamente remare tutti nella stessa direzione, nel tentativo di offrire agli spettatori italiani il miglior prodotto possibile: e farlo nelle piazze storiche, dove il basket può forse competere con lo strapotere del calcio, è questione di vita o di morte.

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Alessandro Lelli