Perché conta tutta, non neghiamolo. Tra Champions ed Europa League, stiamo vivendo una settimana cruciale per il calcio continentale, utile come cartina di tornasole sulla situazione dei vari movimenti calcistici, ma soprattutto sullo stato di salute dei club più importanti, chiamati a fare la voce grossa.
È troppo comodo, oltre che tremendamente da opportunisti, valutare importanti o meno le coppe a seconda della presenza delle italiane: chi scrive è abituato ad amare o odiare la tre giorni europea a prescindere dal passaporto delle singole squadre, magari più con uno sguardo al blasone storico delle stesse e l’orecchio alle emozioni dei vari stadi.
Questa settimana europea ci consegna un Barcellona forte, autoritario e compatto: vero che rispetto allo schiacciasassi di un tempo qualcosa è cambiato, ma la sensazione è che per battere i blaugrana devi giocartela al massimo delle forze, magari beccandoli in serata no. A meno che non ti chiami Bayern (per ora), o che cambi mentalità: non lo ha fatto il Manchester City, un po’ provinciale (seppure sfortunato) all’andata, colpevolmente in ritardo nella gara di ritorno.
Detto che degli ottavi di finale spalmati su varie settimane si poteva fare a meno, la notte tra mercoledì e giovedì ci regala un piatto prelibato: Juventus-Fiorentina non è solo un “derby” italiano nella seconda coppa continentale in termine di prestigio, ma è proprio sfida tribale, sede di rivalità decennali, luogo di frizione tra polemiche e lotta sul campo.
Sia bianconeri che viola stanno bene, ma sono meno lanciati di quanto si potesse sperare: certo la Juventus si è divorata questa nostra poco equilibrata Serie A (diceva bene lunedì Francesco Mariani, che ha celebrato la morte del campionato), però a inizio stagione questo marzo se lo sarebbe immaginato in corsa nella coppa dalle grandi orecchie. Bene la reazione nervosa e di attitudine dopo Istanbul ma è adesso che la mentalità deve essere europea: che l’avversario sia anch’esso italiano aggiunge pepe alla sfida.
La Fiorentina è una macchina che funziona bene ma va meno veloce del previsto. Montella ha avuto, sì, infortuni a giocatori chiave che avrebbero reso impossibile la vita a chiunque, ma i punti di distanza dal Napoli e dal terzo posto iniziano a sembrare parecchi: proseguire nella corsa europea illuminerebbe una stagione positiva ma normale, non nella brillantezza. Figurarsi farlo contro i rivali storici, contro gli “odiati” juventini.
Frattanto, il Napoli giocherà a Porto, campo ostico per chiunque. L’avversario è certo alla portata dei partenopei, che nel girone di Champions se l’erano vista con squadre più forti rispetto ai portoghesi, ma servirà cambiare marcia e difendere bene, senza amnesie. Occhio alle parole di Reina, chiamata alle armi per un club che ha alternato grandi serate a scivoloni, nell’incertezza della discontinuità.
Allora adesso conviene godersi e basta questa Europa League, che è competizione seria e bella sempre e comunque: ce ne dovremmo ricordare, pure quando non ci giocano le nostre.
Buon giovedì europeo dunque, sperando che a vincere sia il calcio e non la polemica, triste compagna d’avventura questa stagione.