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Il campionato vede Napoli e poi muore

Ultimi disperati e affannosi tentativi di rianimazione, le lancette che corrono inesorabili, la sensazione che ormai non ci sia più nulla da fare. Il dottor Garcia si ferma, guarda per l’ultima volta la sagoma senza vita che ha di fronte e si toglie sommessamente la mascherina dal viso. Si avvicina al tavolino, si toglie i guanti, guarda i suoi aiutanti Totti e De Rossi e — con un velo di tristezza — afferma: “Data 9 marzo 2014, ora del decesso: 22.35”.

Il campionato è morto. Dopo una serie di colpi — sonore vittorie — inflitti dalla spietata Juventus, non ha retto l’urto della Vecchia Signora e si è spento prematuramente. Il gol di Callejon in Napoli-Roma ha dato solamente lo strappo finale.
Ne danno il triste annuncio i tifosi romanisti e tutti gli amanti del calcio che avrebbero voluto vederlo resistere almeno fino a maggio.

Sei mesi. Tanti ne sono bastati all’armata di Conte per chiudere ogni discorso e spegnere ogni velleità avversaria. Un paradosso, pensando a quelle prime sette/otto giornate in cui i bianconeri sembravano ormai sazi e il loro allenatore aver perso la maggior parte del suo carisma. Quella che sembrava la prima macchina difettosa uscita dal connubio Juventus-Conte è diventata la squadra più forte tra le tre guidate dal tecnico pugliese.
Un vero e proprio terminator dei campi di calcio, che proprio contro la Fiorentina chiude quel cerchio aperto dopo la assurda sconfitta maturata contro i Viola nella gara d’andata a Firenze. È stato quel 4-2 a trasformare quel leone ormai sazio nella bestia famelica che abbiamo visto nelle successive 19 partite di campionato.

Nulla ha potuto una pur buonissima Roma, che — dopo aver dato la sensazione di voler ammazzare la classifica dopo le famose dieci vittorie consecutive di inizio stagione — ha manifestato i difetti di una rosa troppo corta e troppo dipendente dalla presenza contemporanea di Totti, De Rossi, Pjanic e Strootman. Tolti due di questi quattro, la squadra di Garcia non è stata più in grado di reggere i ritmi di Buffon e compagni, ormai sicuri del trentesimo Scudetto.

Quattordici — potenzialmente undici — punti di distacco a undici giornate dalla fine sono una voragine che mai avremmo pensato si potesse manifestare nel nostro campionato. Noi, così diversi da Liga e Bundesliga dove ci sono due o tre squadre nettamente superiori alle altre. Noi, con il campionato più difficile del mondo.

La verità è che — pur essendo, la Juventus, una squadra fortissima — il livello della nostra Serie A, esasperata anche dal torneo a venti squadre, è nettamente calato sotto il profilo tecnico. È bastata una Juventus forte ma non invincibile — altrimenti sarebbe ancora in corsa per la Champions League — per chiudere i giochi a inizio marzo.
Quindi onore ai bianconeri, ma questo è il chiaro sintomo che qua c’è qualcosa che non va.