Farli tremare
Coraggio, Italia.
Che sarà dura lo sappiamo, ma in fondo lo sapevamo già.
Per la penultima giornata del Sei Nazioni 2014, gli azzurri di Jacques Brunel andranno a sfidare l’Irlanda, a casa sua, dove è davvero difficilissimo giocare. Sexton e compagni sono lanciatissimi e credono nella vittoria finale, in un torneo che a parte Italia e Scozia è molto equilibrato.
Quattro squadre sono in testa, come a dire che tutto è ancora da decidere. E l’Italia, reduce da una cocente delusione nella sfida dell’Olimpico agli scozzesi, cerca quel riscatto e quello scatto d’orgoglio utili a superare la vecchia retorica della sconfitta onorevole, di uscire a testa alta. E di tutta un’altra serie di frasi fatte che in verità fa poco onore a chi si spacca la schiena per la maglia azzurra, ogni santa volta.
Insomma, la Nazionale non sta bene. Non sta bene perché il salto di qualità non c’è stato e, sinceramente, e ad un anno e mezzo dal mondiale ci sarebbe voluto un livello diverso. In questo contesto, affrontare Irlanda (fuori) e Inghilterra (a Roma) non è medicina piacevole, è uno scontro che rischia di annullarti del tutto la stagione, nel rischio di un flop da unire ai balbettii dei test estivi e di quelli di fine anno.
Il tonfo con la Scozia ha poi portato in dote una sconfitta supplementare, con l’ennesima retrocessione nel ranking IRB. Per intenderci e per metterla su una terminologia calcistica, la classifica mondiale delle nazionali. L’Italia, ormai lontana dalle top 10, si trova adesso al quindicesimo posto, dietro addirittura al Giappone. Vero che, anche grazie alla recente gestione Kirwan e a un campionato recentemente in grado di attirare campionissimi come Sonny Bill Williams e compagnia cantante, l’ovale nipponica è cresciuta e non poco, ma lo smacco è indicibile. L’attuale stato delle cose è preoccupante, e potrebbe andare peggio.
Tutto ciò non deve prescindere, non bastasse la Nazionale, da una valutazione impietosa del rugby di club. Anche lì, poco da sorridere: Treviso sta colando a picco (con le attenuanti del caso, ma fa male lo stesso), le Zebre si sono sbloccate ma sempre ultime restano. Le franchigie italiane occupano ultimo e penultimo posto nella classifica del Pro 12, hanno un futuro da definire (Dogi veneti? Ancora Treviso?), alternano passi avanti e passi indietro, con in mezzo l’anonimato di una Heineken Cup in cui è impossibile competere.
Ecco, in tutto questo panorama infernale, andare a Dublino è una catàbasi: non possiamo che augurare agli azzurri (orfani stavolta di capitan Parisse, in verità opaco ultimamente) di vendere cara la pelle, sovvertire il pronostico, tentare il colpaccio. Colpendo l’Irlanda nei punti deboli (ce ne sono…), nei difetti mostrati a Londra e altrove, a testa alta ma non perché se si perde va bene lo stesso, ma perché si gioca per vincere.
Queste ultime due giornate, contro due potenze del rugby pronte a dare l’assalto alla Coppa del Mondo 2015 in Inghilterra, daranno l’occasione di sfatare alcuni miti, o di zittire certe malelingue.
Per uscire, hai visto mai?, dal limbo di essere troppo forti per le avversarie medie (sfidassimo più spesso Romania, Georgia, Russia o Spagna vinceremmo sempre, ma non servirebbe a nulla per crescere) e ancora inadeguati a quelle fortissime. Oppure semplicemente per salvare un Sei Nazioni sinora disastroso.
Nella necessità, sia chiaro, di archiviare le polemiche sulla visibilità più o meno meritata di questo sport, a livello mediatico e di strutture: quando mai ci saremmo aspettati di vedere 62mila persone riempire uno stadio italiano, per qualcosa che non fosse una partita di calcio né un concerto? Se appassioni tutta questa gente, lo spazio te lo meriti.
E adesso un bel respiro e parola al campo, dove sarà durissima: ha il brutto vizio di non mentire mai.
Mi piace chiudere con le parole di Andrea Palini, nell’editoriale di La Meta di questa settimana: “L’Irlanda non avrà certamente paura di noi e l’Inghilterra avrà bisogno del maggior numero di punti possibile perciò sarà davvero difficile riuscire a ‘rubare’ qualche successo. Sarà fondamentale, però, dimostrare a tutti di aver imparato la lezione e allo stesso tempo far vedere quella grinta e quella determinazione che negli ultimi due anni hanno fatto tremare anche squadre decisamente più forti e organizzate di questa Nazionale“.