La cattedrale di Mihajlovic
Un allenatore che approda in una squadra che si deve salvare generalmente appare con il volto provato e l’aria del salvatore della patria, con frasi del tipo “faremo il possibile” o “credo nella squadra”, ma con la faccia che dice il contrario. Sinisa Mihajlovic ha scelto un’altra scuola. Arriva in una Sampdoria in piena zona retrocessione, con la miseria di 9 punti raccolti in 12 giornate e come fonte di ispirazione sceglie nientepopodimeno che John Fitzgerald Kennedy. Capite bene, che con una scelta del genere uno si pone da subito in una situazione pericolosa. Perché o i risultati arrivano, e allora sei un grande tecnico e un grande motivatore, o i risultati non arrivano, e allora sei un grande cazzaro con tendenze alla megalomania. Fortunatamente per la reputazione di Mihajlovic (ma soprattutto per la Sampdoria), i risultati sono arrivati. E che risultati! Con 22 punti in 14 giornate, si è passati dalla deprimente media-retrocessione di Delio Rossi all’esaltante media-Europa League attuale.
Due massime di Jfk in particolare si possono considerare come il manifesto della piccola rivoluzione di Sinisa.“I vincenti trovano sempre una strada, i perdenti una scusa”. Con il serbo in panchina c’è stato un taglio netto ai vittimismi, alle facce afflitte e ai fatalismi. Testa bassa durante gli allenamenti, ma altissima davanti agli avversari. Una mentalità che il tecnico ha saputo trasmettere al punto da rendere la Samp un’avversaria temibile per chiunque, compresa la Juventus che in casa sua ha trovato nei blucerchiati forse l’osso più duro di questa stagione. La “strada vincente”, Mihajlovic l’ha trovata in un modulo a trazione anteriore, quel 4-2-3-1 che ha al tempo stesso blindato la difesa ed esaltato le caratteristiche di Gabbiadini ed Eder, ma anche di altri “insospettabili”.
Ed arriviamo al punto due della “legge Mihajlovic”. “Non chiederti cosa la Sampdoria può fare per te, ma cosa tu puoi fare per la Sampdoria”. La citazione deve aver fatto un certo effetto ai vari Soriano, Regini e Mustafi, letteralmente irriconoscibili rispetto alla prima parte di stagione. L’italo-tedesco Soriano è passato da giocatore senza ruolo fisso che zampetta per il campo a pedina fondamentale nello scacchiere di Mihajlovic, centrale o largo a sinistra nei tre alle spalle della punta, mentre i due giovani difensori Mustafi e Regini hanno finalmente fatto emergere un talento fino ad allora espresso solo sulla carta. Ma la “rinascita” ha riguardato anche alcuni veterani come Gastaldello e Palombo, che sembravano rimasti un po’ a corto di motivazioni, ovviamente prima dell’arrivo del demiurgo Sinisa.
Insomma, quello che sembrava essere solo il romantico e suggestivo ritorno di un ex calciatore sulla panchina della sua vecchia squadra, si è rivelata una delle scelte più azzeccate della Sampdoria degli ultimi anni. All’ombra della Lanterna, è arrivato chi dopo aver “ricostruito la chiesa” (la sua missione dichiarata prima del derby vinto lo scorso 3 febbraio), ha tirato su una cattedrale.