Zona NBA #17 – Il sogno di Belinelli e la freddezza di WunderDirk
Ci sono sogni che iniziano sin da quando uno è bambino, quando si inizia a muovere i primi passi nella vita e nello sport, su quel parquet tanto bello e luccicante quanto faticoso da affrontare tutti i giorni in allenamento, tra sudore e retine che si muovono. Vedere quella retina muoversi in occasione del three point contest vinto da Marco Belinelli all’All Star Saturday, però, è stato molto emozionante nonostante l’orario (notte inoltrata): l’orgoglio cucito sulle scarpe sotto la scritta SGP (San Giovanni in Persiceto, il suo luogo d’origine) e il sorriso stampato sulla faccia della guardia dei San Antonio Spurs. Non esattamente il trofeo che Marco pensava di alzare all’inizio della stagione, quando era giunto in Texas pieno di dubbi e con poche certezze riguardanti il minutaggio che Popovich gli avrebbe effettivamente garantito: il buon finale di stagione con i Bulls, però, culminato con due eccezionali partite in gara 6 e 7 contro i Brooklyn Nets, ha convinto Gregg a dargli molto spazio sin dalle prime partite. Il resto lo ha fatto Belinelli, ripagando la fiducia tanto da risultare, per gran parte della stagione, come il miglior tiratore da 3 punti della lega per percentuale; la vittoria all’All Star Game, tuttavia, ha un sapore molto dolce perché il suo nome finisce vicino a quello di Larry Bird e Reggie Miller, non proprio due sconosciuti oltreoceano.
Testa bassa e lavorare, il diktat made in Belinelli: anche dopo la grande vittoria, Marco ha fatto finta che non fosse successo nulla, incanalando ottime prestazione in maglia neroargentata anche grazie ai problemi fisici che alcuni suoi compagni hanno subito in questo periodo. L’importante è essere sani a maggio/giugno, questo Popovich lo sa bene, anche se la tradizione non è dalla parte degli Spurs (il 2014 è un anno dispari). Il rientro di Kawhi Leonard è sicuramente fondamentale anche in ottica playoffs, visto che l’ala piccola si è dimostrata fondamentale lungo tutto l’arco della stagione: il suo dinamismo, la sua freschezza e, perché no, il suo talento sono un’arma troppo importante per la franchigia.
Restando sulla costa Ovest degli Stati uniti, anche Russell Westbrook è tornato finalmente sul parquet formando nuovamente la coppia stellare con Kevin Durant, molto più che in forma smagliante negli ultimi tempi: purtroppo per loro, però, sono bastati 33 punti di Lebron James per permettere agli Heat di vincere in Oklahoma, un segnale che la squadra di Spoelstra si accoppia molto bene con Ibaka e compagni.
Chi invece in passato ha creato molte difficoltà agli Heat è Dirk Nowitzki, che nel 2011 trascinò i Dallas Mavericks alla vittoria del titolo proprio contro Wade e Lebron: passano gli anni, ma la classe e il talento cristallino del tedesco resta sempre la stessa. Contro i New York Knicks ha infilato il canestro della vittoria, nonostante una grandissima difesa di Carmelo Anthony (questa sì, invece, che è una notizia): una notizia che ha gettato la Grande Mela nello sconforto più totale, tanto che anche Metta World Peace ha deciso di svincolarsi dalla squadra per aggregarsi a una contender. Stesso discorso per Granger, Udrih e Fredette, con il primo che può davvero spostare gli equilibri della Lega se inserito nel giusto sistema: magari nei Cleveland Cavaliers, che tanto stanno facendo bene nell’ultimo periodo?