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Salta il fattore campo, e si gioca a Milano

Siamo giunti alla fase decisiva della Champions, finalmente: per dirla brutalmente, le squadre cominciano a farsi fuori. Non so voi; ma io che scrivo, beh, sono nostalgico della vecchia Coppa dei Campioni, con eliminazione diretta un po’ a sfinimento. Sulla partita secca (meglio: sulle partite secche, di andata e ritorno) la sorpresa poteva essere in agguato. Ed era un piacere.

Vero, anche con i gironi non si può scherzare: ne sa qualcosa la Juventus, che alla fin fine si ritrova un impegno in meno per via non tanto della sconfitta contro il Galatasaray, quanto per il pareggio di Copenhagen. Ma alla fin fine, pensandoci bene: sorpresa a rovescio, nel senso che il mezzo miracolo danese ha comunque garantito il passaggio del turno di due delle tre più forti (l’ultima, quella italiana, a giocarsi l’Europa minore).

(Nota a margine: fin qui abbiamo apertamente ignorato la polemica Conte-Capello: a noi piace il calcio giocato, senza chiacchiere inutili. Parlarsi addosso. Mi limito però ad annotare una cosa: le parole più sensate le ha dette addirittura De Laurentiis, di solito abituato ad accendere gli animi: «Nel calcio bisogna pensare tre volte prima di parlare perché nei media c’è interesse a creare un caso su ogni cosa. Noi dobbiamo essere più sereni e buttare acqua sul fuoco ma a volte c’è l’adrenalina da gestire e non riusciamo a dominarci». Giusto per capire che siamo un paese fatto al contrario.)

Detto questo, però, non possiamo certo esimerci dal trattare l’orto di casa, e dal farlo notando la differenza con l’estero. Un estero che ieri ha parlato chiaramente: Mourinho può anche avere ragione nel dire che questo sia «il peggior Barcellona di questi ultimi anni», ma questo non significa affatto che ciò sia abbastanza: il City era privo di Agüero, ma è comunque una delle squadre più forti del Continente; regolarlo a domicilio, due reti a zero, è tutt’altro che scontato. Se dobbiamo poi guardare l’altra partita, a Leverkusen si è visto un Ibrahimović dominante: 4-0 netto e senza repliche, e forse dobbiamo cominciare a chiederci se finalmente Ibracadabra non abbia deciso di farsi sentire anche in Europa.

E adesso a noi, che abbiamo una sola reduce nell’Europa vera: la più gloriosa in campo internazionale, ma attualmente spenta quando si giochi nello Stivale (nono posto, dietro anche al Verona neopromosso, a “soli” 18 punti dal terzo posto che vale i preliminari di Champions). Una squadra che ha esonerato il suo allenatore per dare posto a un esordiente (e altri cambiamenti sono previsti a breve).

Vero: paradossalmente, il Milan adesso ha la mente più sgombra: fuori dai giochi per il campionato, ha l’Europa come unica gloria. Ma, pensiamo bene (e sarebbe bene che ci pensassero anche Capello e Conte): realisticamente, contro l’Atlético di Simeone (e di Courtois, Godín, Koke e Diego Costa) potrà farcela? Il fattore campo è già saltato in entrambe le prime partite di questi ottavi: a essere sinceri, purtroppo, non si vede perché mai non dovrebbe farlo anche stasera. Si parte da zero a zero: il nostro bilancio è già in rosso, e un pareggio sarebbe già un mezzo miracolo.