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Scuffet, al mondiale perché no

Credo di aver cambiato idea. Inizio questo pezzo su Scuffet, talento dell’Udinese classe 1996, ammettendo di aver commesso un piccolo sbaglio: quello di pensare che fosse inutile mandare il giovanissimo estremo difensore bianconero al mondiale brasiliano. Sì mi sbagliavo. Mi sbagliavo perché pensandoci bene, l’esperienza che farebbe là, dall’altra parte del mondo, sarebbe in effetti importante: respirerebbe l’aria di una competizione vera e preziosa, si allenerebbe e vivrebbe ventiquattro ore al giorno con grandissimi campioni, non giocherebbe praticamente mai, ma… questa è addirittura una fortuna. Perché lui, Simone Scuffet, friulano di Udine, nato il 31 maggio 1996, è fortissimo, e lo abbiamo già capito, ma non è pronto per difendere veramente i pali di una nazionale che in Brasile vuole andarci da protagonista.

Dunque: farlo giocare no; portarlo in rosa… sì. Anche solo per fargli fare la figurina per l’album Panini, non importa. Non conta se non giocherà neanche mezzo minuto; conta ciò che potrà portargli, in termini di benefici, andare in missione con gli azzurri, sentire sulla pelle il brivido del mondiale, capire che quello è un mondo che deve appartenergli, che quella azzurra è una maglia che dovrà in brevissimo tempo tatuarsi sulla pelle.

Vi dicevo: pensavo fosse un errore inviarlo in Sudamerica. Lo pensavo perché ritenevo giusto che Scuffet facesse la sua crescita con calma, vivendosi la nazionale, sì, ma quelle minori per adesso, per poi maturare senza correre, sapendo che il tempo per vivere un mondiale sarebbe di certo arrivato presto.

Poi, guardi come gioca, guardi che talento è, guardi chi avrebbe davanti (Buffon, Sirigu), e i pensieri cambiano. Comprendi pian piano che anche se ci andasse, in fondo, il rischio di bruciarsi sarebbe veramente minimo. Quasi nullo. Perché avrebbe poco per montarsi la testa (non giochi, non ti esalti) ma tanto, tantissimo da imparare.

Dunque, sì: Prandelli, portalo questo talentino in Brasile. Regalagli una grande esperienza. Fagli vivere una competizione vera al fianco del più grande portiere italiano. Magari tornerà a casa con una medaglia, chi lo sa. Magari tornerà a casa con una coppa. Di certo, tornerebbe in Italia più “portiere vero” e meno “talento”; perché adesso è, già, ancora un grandissimo talento pronto a esplodere. Le promesse ci sono tutte: Scuffet forse neanche ci spera, ma il Mondiale è sempre più vicino. E Buffon, lui… potrebbe avere la grande chance di allenare in prima persona il suo erede.