Per salutare Londra2012 avevamo usato un anti-gioco di parole: riportare in inglese (Let the Games begin!) il gioco di parole che quattro anni prima l’Evening Standard aveva tributato ai giochi cinesi (Let the Games Beijing!). Per Sochi, cercate di capirci, meglio evitare rischi: non vorremmo urtare la suscettibilità di chicchessia. Vi va bene, soci?
Non per altro: si parla sempre troppo “dietro”, ci si spaventa per ogni minima cosa: la notizia del giorno è che il rischio di attentati è sempre presente (e questa non è una notizia, men che meno quando si parli di Olimpiadi), e che bisognerebbe stare attenti persino al dentifricio-bomba. Non mi sorprende: se penso che in aereo è consentito portarsi un accendino in tasca (ma non nel bagaglio a mano), mi viene giusto voglia di portarmi del dentifricio esplosivo. Come detonatore, potrei usare direttamente le sigarette. (Poi c’è poco da scherzare, con le notizie che arrivano da Volgograd.)
Poi ci sarebbe da parlare di quello lì, un certo Vladimir. Quello della grazia a Khodorkovsky e dell’amnistia che ha liberato anche due delle Pussy Riot, tutto in tempo per Sochi. Cioè: eventi che hanno mostrato da una parte un Putin più forte che mai (se libera gli oppositori, non li teme più), e dall’altra hanno cercato di aumentarne la posizione di statista.
Ecco, proprio quella indipendenza da tutto e da tutti. L’essenza dello statista, quella che alcuni oppositori geopolitici non vogliono riconoscergli: non è un misterio il “boicottaggio soft” delle potenze occidentali, con moltissime alte cariche (Hollande, Obama, il presidente tedesco Joachim Gauck e non solo) che diserteranno l’evento. Caso curioso, gli Stati Uniti volevano inserire nella propria delegazione nientemeno che Billie Jean King, già campionessa di tennis e ora attivista contro il sessismo nello sport e non solo: gesto provocatorio, ma che non sarà realizzato (per problemi di famiglia della diretta interessata).
Questo per aprire e chiudere ogni discorso che non sia sportivo. Lo sappiamo, ci sono e ci saranno sempre interessi ulteriori dietro qualsiasi grande manifestazione: valeva per Berlino nel 1936 (Hitler vs. Jesse Owens), valeva per Pechino nel 2008 (un altro passo nell’affermarsi come superpotenza). Lo sappiamo, lo sapremo. Ma adesso è l’ora di dare spazio ai protagonisti sul campo: dopo la cerimonia di stasera, l’attenzione sarà tutta per gli atleti, che nelle prossime due settimane avranno i riflettori puntati addosso. E noi li seguiremo, con il nostro solito stile: pulito, ma non necessariamente convenzionale. Più simile all’editoriale di ieri che a quello odierno, peraltro.