Home » Di lunedì, a Genova e Manchester

Eccoci a Genova, di lunedì sera, nel bel mezzo di un piovoso inverno. Scendono in campo Genoa e Sampdoria, per un derby della lanterna che vale la medio – bassa classifica o giù di lì.
Eppure, qui dove gli inglesi attraccarono portando il gioco del calcio sul finire del diciannovesimo secolo, l’attesa è tanta, la partecipazione è coinvolgente e le tifoserie danno vita a coreografie spettacolari come da tempo non si vedevano sui campi italiani.
In campo non scendono calciatori di spicco, come accadeva negli anni ruggenti del campionato italiano: né Vialli o Mancini da una parte, né Aguilera o Skuhravy dall’altra. Nemmeno i migliori attori non protagonisti sono ai livelli che furono di Lombardo o Eranio. Piuttosto, sono in campo mestieranti volenterosi, come De Silvestri e Bertolacci, figli di un Brasile minore, come Eder e Matuzalem, centravanti stagionati ma di buon brodo, come Gilardino o il redivivo Maxi Lopez.
In panca, là dove furono Boskov e Scoglio, da una parte la scorza dura del Full Metal Mister Mihailovic, dall’altra l’ex discepolo di Galeone, Gasperini. Almeno in questo, in fondo una linea di discendenza si può rintracciare.

Ma quel che non manca in campo, è l’agonismo, la voglia di giocarsela e il tentativo di portare a casa un risultato che può nobilitare una stagione, almeno a livello cittadino.

Contemporaneamente, dall’altra parte dell’Europa calcistica, a Manchester il fior fiore dell’eletta schiera calcistica si raduna in campo per una sfida d’alta classifica. Il Manchester City del cileno Pellegrini e il Chelsea del portoghese Mourinho, due dei più illustri rappresentanti della tattica pedatoria contemporanea, mettono in campo un’antologia dei migliori salariati attuali, da Eto’ a Dzeko, da Negredo a Matic, da Hazard a David Silva. Non trova spazio tra i titolari, Jovetic, che nel campionato italiano faceva il bello e il cattivo tempo. Mentre nel Chelsea, il brasiliano Oscar, pagato una trentina di milioni a suo tempo, non ha la stessa fortuna di Eder a Genova, e anche lui siede in panca.

A Genova la partita è vivace. Quali che siano i mezzi tecnici, le squadre provano a vincere. Certo, qualche traversone svirgolato di troppo si vede, gli appoggi scolastici prevalgono sulle intuizioni spaziali creative e il gioco tende a imbottigliarsi nei contrasti di fascia. Ma proprio da un appoggio caparbio e ben riuscito, nasce l’improvviso scambio in area tra Eder e Maxi Lopez, che consente al neoacquisto blucerchiato di sigillare il proprio ritorno a Genova con il più atteso dei gol. Finalmente il biondo argentino, pettinato come un tastierista inglese degli anni ’80, può esultare e il nome di Maxi Lopez, dopo tante vicissitudini da rotocalco, può ritornare sui tabellini di un incontro di calcio.

All’Etihad Stadium, il tasso tecnico è notevolmente più alto, il belga Hazard si mette in mostra e la squadra di Mourinho inizia a pensare di poter piazzare il colpo vincente. E’ Ivanovic a firmarlo, con una bordata dal limite.

In entrambi i casi, le squadre soccombenti tentano di raddrizzare il risultato mettendo in campo forze fresche. Nel Manchester City entra finalmente Jovetic, nel Genoa, il greco Fetfatzidis e i seniores Sculli e Calaiò. Nessuno di loro riuscirà a ribaltare il risultato. Entrambe le partite termineranno 1-0.

Eppure, se in un recente passato, la bellezza di alcune partite della Premier aveva impietosamente sottolineato il divario tecnico con la nostra Serie A, stavolta qualcosa di diverso c’è stato. L’ardore messo in campo da genoani e blucerchiati ha dato vita ad una partita vibrante, per una volta pulita nel proprio vigore competitivo, senza piagnistei aggiunti, protagonismi sopra le righe o slealtà sportive.

A Genova e a Manchester, sono andate in scena due incontri aventi in comune più di quanto non potesse sembrare limitandosi a leggere i nomi degli attori: in ambedue i campi, si è giocato all’inglese. E forse, per rivedere un campionato di calcio italiano appassionante e combattuto, oltre che dai mezzi tecnici, è anche da questo atteggiamento agonistico, che occorre ripartire. Ha vinto la Samp, ma ha vinto anche un derby più sportivo di altri e un pubblico che ha saputo dar vita ad una festa sugli spalti.