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Del Derby d’Italia è rimasto solo il nome

Brutto, così. Lo diciamo da spettatori neutrali, non da tifosi dell’una o dell’altra squadra.
Normale — praticamente ovvio — che il Juventus-Inter di ieri sera sia stato bellissimo per i tifosi bianconeri e bruttissimo per quelli nerazzurri.

Ma per noi “addetti ai lavori”, desiderosi come tutti di vedere una grande partita, magari tirata, è stato davvero poco piacevole sotto tutti i punti di vista: tattico, estetico ed emotivo.
Una partita come Juventus-Inter ridotta a una banalissima Juventus-Chievo (con tutto il rispetto per i clivensi). Anzi, peggio. Perché il Chievo di turno, conscio di essere il Chievo, avrebbe giocato in maniera più accorta tatticamente e non avrebbe prestato il fianco in maniera così eclatante alla squadra più forte d’Italia.

Va bene, la squadra di Conte è troppo più forte delle altre — Roma compresa, come visto poche settimane fa — e dimostra sul campo la sua superiorità. Siamo d’accordo. Ma l’Inter, questa Inter 2013/2014 di Mazzarri nello specifico, è davvero brutta a vedersi.
Il Napoli del tecnico toscano aveva almeno una chiara idea di gioco: ci si chiude a riccio sulla nostra trequarti e si riparte veloci una volta conquistata la palla. Questa Inter, invece, non ha né capo e né coda: non una idea offensiva che non sia il lancio per Palacio, non la solidità difensiva, non il centrocampo coriaceo.
Mazzarri sta riuscendo nell’impresa di fare peggio — quanto a gioco espresso — del suo predecessore Stramaccioni.

Il fatto che, tra le altre cose, non abbia ancora trovato il ruolo giusto di Kovacic — la perla più lucente della rosa — è forse la sua colpa più grande. Un giocatore che, se messo nelle migliori condizioni di esprimersi, potrebbe far girare la squadra su ritmi più alti di quelli visti nelle ultime uscite — basti vedere il cambio di velocità impresso sul derby di Milano al momento del suo ingresso — e che invece è costretto a vagare tra trequarti e centrocampo, non capendo se sia lui o Kuzmanovic o Cambiasso a dover far partire l’azione.
Un talento cristallino che rischia di bruciarsi.

La mancanza di qualità nelle transizioni offensive è soltanto una conseguenza della nebulosità che avvolge il centrocampo. Nelle difficoltà è inevitabile cercare gli “appigli sicuri” e Palacio ne rappresenta uno per i compagni, che lo cercano ogni volta che non sono sicuri sul da farsi, ossia sempre.

Insomma, le sfide tirate tra Juventus e Inter che, nel bene e nel male, hanno rappresentato il Derby d’Italia degli ultimi vent’anni non ci sono più.
E ci permettiamo di dire che questo avviene tanto per meriti di una delle due — la Juve — quanto per demeriti dell’altra — l’Inter –, che sta contribuendo alla perdita di fascino di una partita a cui di spettacolare è rimasto solo il nome.