La notizia è di quelle che non dovrebbero fare notizia: si parlava della possibilità che la Fiorentina acquistasse il Prato per farne la propria squadra satellite: sul sito ufficiale dei Viola è però presto arrivata una secca smentita, dai toni quasi minacciosi. Cioè: affermare «il proprio assoluto disinteresse» (corsivo mio) è una reazione forte, per una notizia che si vorrebbe “minima”. Succede a volte che, con le migliori intenzioni, si lanci un messaggio non del tutto coerente. Lungi da me pensare che una smentita del genere sia come quelle di Moggi (di pura facciata, come quando nel 2004 confermò che Lippi sarebbe rimasto sulla panchina della Juventus: si parlò di Deschamps, arrivò Capello), in ogni caso.
Il fatto è che la smentita in questione è una mezza smentita, a leggerla bene: la Fiorentina non comprerà il Prato né alcuna altra società, ma con la società militante in Prima divisione instaurerà una «temporanea collaborazione sportiva finalizzata alla individuazione di giovani calciatori e all’osservazione di calciatori già in attività». Lo scopo non è in dubbio, quindi; smentita è stata soltanto la modalità.
Detto questo, non penso ci sia da stupirsi, arrabbiarsi o niente di che. Chiaro, nel paese dei campanilismi più triti (meglio un morto in casa che un pisano all’uscio, recita un vecchio detto toscano) è difficile pensare che a Prato possano vedere di buon occhio una ulteriore colonizzazione da parte del capoluogo di regione. Pensiamo anche soltanto a quanto si è discusso quando il governo Monti si era messo a riorganizzare le province, spesso dovendo mettere assieme città che non possono sopportarsi (Pisa e Livorno, per restare in zona, sono solo il primo esempio). Difficile, sì; ma magari, per affari, si potrebbe anche fare.
Non so cosa ne avrebbero pensato i tifosi pratesi, però: facilmente si sarebbero divisi tra possibilisti (64 campionati di Serie C: siamo i più presenti di sempre in questa categoria, magari i Della Valle possono portarci in B) e disfattisti (ecco: colonizzati dalla Fiorentina, dipenderemo da loro in tutto e per tutto: siamo condannati alla mediocrità). Non so perché, ma entrambe le fazioni mi sembrano… faziose. Provo a spiegarmi.
È normale, da sempre, che ci siano legami “particolari” tra alcune squadre. Negli anni Novanta, per esempio, il Milan aveva stretto legàmi con il vicino Monza (ai tempi tra Serie C e cadetteria): interessi convergenti (il grande per piazzare i suoi giocatori di secondo piano, il piccolo per avere buona qualità a basso costo). Saltando nella pallacanestro, nel 2010 la Virtus Bologna acquistò il vicino Gira Ozzano (con un passato dignitoso anche in Serie A, quando ancora la sede era nel capoluogo) per farne lo sbocco naturale del proprio vivaio (tra i migliori d’Italia): la tifoseria locale non gradì, e l’esperimento finì dopo una sola stagione (conclusasi con una retrocessione). L’idea era buona o sbagliata?
Non sono partigiano (cioè: non parteggio per nessuno), quindi non penso che l’idea di avere seconde squadre “di sviluppo” sia malvagia, anzi. A volte funziona, altre no. Prendiamo l’esempio che preferisco: la trafila Watford-Granada-Udinese. Sappiamo tutti chi comanda (per chi non se ne ricordasse: la testa è in Friuli). Sappiamo anche che i bianconeri hanno uno tra i sistemi di scouting migliori in assoluto. Che male c’è a lanciare in Spagna o in Inghilterra giocatori che poi potranno passare in Italia (o essere ceduti direttamente), o a rilanciare altrove giocatori che qui non hanno (ancora) convinto?
Certo, il caso-Udinese è favorito da una cosa: la lontananza. Se il Granada è nella Liga (dopo una doppia promozione avvenuta già con i Pozzo come proprietari), i tifosi saranno contenti (ma non sarebbe ammissibile che gli stessi Pozzo avessero due squadre in Serie A, ovviamente). Per quanto riguarda il Watford, invece, quest’anno i risultati non sono i migliori, e bisogna anche dirlo. Granada e Watford provano che il modello è giusto o sbagliato?
A mio modesto avviso, provano comunque che il modello è giusto; e non penso che per fare una cosa del genere sia necessario comprare società all’estero. Anzi: penso piuttosto che sarebbe l’ora di ricominciare a pensare al campionato riserve, e soprattutto a un sbocco migliore per i giocatori che escono dal campionato Primavera. Uno sbocco come il Gira Ozzano: una squadra B, che giochi insieme e sia il primo palcoscenico per chi si affaccia al professionismo. In Spagna funziona (e pare che i risultati delle nazionali ne risentano).
Per quanto mi riguarda, poco conta che la squadra satellite si chiami Fiorentina B, Prato o Fortis Osmannoro di Sotto. Quello che conta è l’idea. Se a Firenze hanno pensato di collaborare con altri alla crescita di alcuni calciatori, dove sta il problema? Secondo me, il problema sta nel farsene un problema.