Il tacco di Dio

Così Carlo Zampa, lo storico telecronista di Roma Channel, aveva etichettato l’ormai celebre colpo di tacco con cui Amantino Mancini, nella stagione 2003-2004, stese i biancocelesti a dieci minuti dalla fine, regalando una delle più grandi gioie dell’era moderna alla squadra capitolina allora allenata da Capello. Appena visto il gol di Gervinho, ieri sera, ho notato qualche similitudine tra i due gesti, seppur quello dell’ivoriano non sia proprio un colpo di tacco puro: in primis il fattore emotivo, decisivo in entrambe le occasioni, dato che sia Gervinho che Mancini hanno voluto abbracciare virtualmente la curva sud raccogliendo l’applauso del proprio pubblico più caloroso dalla pista d’atletica; infine tutti e due i gol sono stati decisivi nelle sorti del match, con la Roma che si assicurò i tre punti in occasione di quel derby.

Ieri sera non c’erano tre punti in palio ma, a dispetto delle dichiarazioni contrarie, la rivincita dell’incontro di campionato che quest’anno ha visto prevalere la Juventus nel proprio Stadium, a Torino. Roma ha risposto come meglio non si poteva, gli ospiti idem: uno stadio così pieno in Coppa Italia non può che far piacere al calcio italiano, che ha bisogno di partite come queste per risollevarsi. Ha deluso l’atteggiamento di Conte, che ha preferito far riposare per gran parte del match i titolarissimi Llorente e Tevez, schierando Quagliarella e Giovinco dal primo minuto; entrambi hanno fatto molto male, soprattutto l’ex Parma, mai capace di regalare lo spunto decisivo nonostante Benatia fosse andato in difficoltà praticamente sin da subito, con quell’ingenuità che avrebbe potuto condizionare tutta la gara dei giallorossi.

Difficilmente mi era capitato di vedere una Juventus così passiva nella propria metà campo, considerando che Vidal e compagni hanno sempre lasciato il pallino del gioco alla Roma. Quelle poche volte che i bianconeri si sono affacciati in attacco, soprattutto in situazioni di contropiede, non hanno inciso soprattutto sulle fasce, porzione di campo dove di solito le squadre di Conte arano letteralmente gli avversari: Isla ha dimostrato per l’ennesima volta di non essere un giocatore da Juventus, mentre Peluso (gol annullato a parte, anche se vi sono dubbi a riguardo) ha limiti tecnici messi in evidenza da un fenomeno, un uomo che la Roma ha saputo rigenerare dopo la brutta esperienza in Premier League. Sto parlando ovviamente di Maicon, tornato ai livelli dell’Inter del triplete e sempre più leader di questa squadra che, sulla destra, sa di poter contare su di lui; chi invece ha fatto un passo indietro è stato Francesco Totti, di certo non autore di una partita da ricordare nonostante la standing ovation dell’Olimpico.

Permettetemi però di chiudere con un elogio alla dirigenza giallorossa, capace di allestire una rosa pressoché perfetta in quasi tutti i reparti, rispettando i vincoli di un sano bilancio. Una difesa rocciosa guidata da un De Sanctis che alterna miracoli a uscite a vuoto (vedi quella su Peluso), un centrocampo roccioso capitanato da uno Strootman versione mondiale; la vera sorpresa del campionato, oltre a Pogba, è decisamente lui. E’ un peccato però che la Roma non abbia un centravanti di peso in grado di convertire in rete la mole di gioco creata: in quest’ottica Destro avrebbe potuto fare comodo stasera, considerando il dominio territoriale della Roma, e spesso è mancato proprio il tocco decisivo in area di rigore per andare in vantaggio molto prima, già nel primo tempo. Rudi Garcia però ha vinto ed ha avuto ragione, anche se soltanto nella sfida di “ripiego” in Coppa Italia: la Juventus in campionato infatti continua a macinare punti su punti, infrangendo ogni tipo di record. Fermarla sarà un’impresa più che impossibile.

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Alessandro Lelli