Bentornato sul trono, King. E’ singolare come nella parte finale della tua irripetibile carriera, sia il britannico (quando vince) e lo scozzese (quando perde) Murray, l’ago della bilancia. Contro Andy ti sei ripreso quell’erba sulla quale hai danzato, vinto, convinto e umiliato gli altri nello scorso decennio.
L’erba di casa tua.
Contro Andy, sulla stessa erba e qualche giorno dopo, hai perso la finale che ti ha probabilmente tolto per sempre l’ennesima soddisfazione della tua vita: il Golden Slam.
Da lì, hai cominciato a scricchiolare. Hai vinto Cincinnati, sempre nel 2012, e hai chiuso al numero 2, mettendo a tacere chi ti dava già per morto.
Poi… quell’anno che per un tennista normale sarebbe oro, ma per te è una bestemmia. Zero finali slam nel 2013, male negli Atp 1000, male anche a Basilea e ad Amburgo (a proposito, perché sei andato ad Amburgo?).
Così, i vari Delbonis, Robredo, Nishikori e soprattutto Sthakovsky, hanno potuto forgiarsi del titolo dell’ammazza leggenda. L’ucraino ti ha buttato fuori nel giardino di casa tua, dopo 36 quarti di finale slam consecutivi.
Roger, non sei più sicuro. Forse è la tua salute, forse sei appagato. Ma non sei più tu. Danzi goffamente, e soprattutto la tua espressione è cambiata. Non sai più se sei il migliore.
Però, ti alleni. E ti basta guardare in faccia uno degno di te per ricominciare a essere il migliore. Ti basta prendere Edberg nel tuo staff.
A Brisbane fai finale, ma c’è il vecchio Lleyton, avversario di tante battaglie, ad attenderti al varco e a scardinarti.
Ma hai ricominciato a crederci. Per questo, oggi, anche se hai servito per il match senza aver concesso palle break e poi hai perso il servizio, anche se hai avuto due match point (uno sul tuo servizio) e hai perso il set allungando la partita, anche se non sei più un ragazzino ma sei un uomo di una certa età, l’hai portata a casa. E chi hai battuto? Ah, Murray.
Avanti il prossimo. Il prossimo è Rafa. Dai Roger, riprenditi il trono. Tanti gli altri lo sanno che è soltanto tuo.