Gallinari alla Gazzetta: “Non so quando ritornerò. Milano è la più forte, Indiana è l’anti Miami”
Pronto per il rientro… o forse no? A distanza di nove lunghissimi mesi dalla maledetta rottura del crociato, Danilo Gallinari medita sulla sua condizione fisica e sulla possibilità di tornare presto o tardi nella Nba con i suoi Denver Nuggets.
Alla Gazzetta dello Sport, l’uomo dell’8-8-88 ha intanto voluto fare gli auguri di pronta guarigione a Giuseppe Rossi, anche lui paziente del dottor Steadman in America, per poi rilasciare un’interessante intervista a 360° anche sul potenziale dei Nuggets di quest’anno.
Ha fissato una data per il rientro?
“Davvero, non so. E’ una decisione che prenderemo più in là. Ipotesi di saltare la stagione? Ci può stare tutto. E’ un’idea che balla in testa. Poi, magari, torno prima“.
Ci sono stati tanti infortuni quest’anno: c’è un comune denominatore?
“Credo che ci sia solo una componente di casualità. Ma siccome sono coinvolti nomi eccellenti è normale che ci sia un certo impatto mediatico. Io sostengo che si giochino troppe gare. La stagione perfetta sarebbe senza i back-to-back. Non so se farebbe la differenza sul numero di infortuni, ma spesso ci si fa male per colpa della stanchezza“.
Che fa nel tempo libero?
“Guardo molto basket. Soprattutto di Eurolega e del campionato italiano. Penso che Milano sia la più forte, con poche rivali che la possano fermare. Vincerà lo scudetto“.
Chi sarà il prossimo azzurro nella Nba?
“Gentile. E’ sulla bocca di quasi tutti gli scout. Ora andranno a vederlo anche i Nuggets, alle Final Eight di Coppa Italia. Hanno chiesto consiglio anche a me. Con Alessandro non ho mai giocato, né assieme né contro. E’ sempre difficile capire il potenziale adattamento nel salto dall’Europa alla Nba. So che Hackett ha l’obiettivo di venire qui. Secondo me ha buone possibilità“.
A Datome che cosa suggerisce?
“Fortunatamente non ho mai avuto il problema di sedere in fondo alla panchina. Gli dico di non mollare. E’ la filosofia con cui deve vivere questo momento: bello, ma difficile. Non capisco certe decisioni dei Pistons. Se ho nel roster un tiratore, e non solo, come lui, che diversi team mi invidiano, lo manderei in campo molto più spesso“.
I Nuggets sembrano su un’altalena: lunghe strisce di vittorie e sconfitte. Come lo spiega?
“Facile. Ci sono sedici persone nuove fra management, allenatori e giocatori e ci vuole tempo per trovare la chimica giusta. All’inizio, con coach Brian Shaw non c’erano gerarchie definite. Ma dopo il casino della sospensione di Miller, sono stati stabilite rotazioni e minutaggi più precisi. Prima nessuno sapeva se e quanto sarebbe rimasto sul parquet e non funzionava“.
Quale squadra l’ha più sorpresa fino a ora?
“Portland. Non mi aspettavo che andasse così forte. Giocano in otto, al massimo nove. Il quintetto titolare sta in campo tantissimi minuti. Aldridge, Matthews, Batum, Lillard, Lopez: c’è grande chimica. Accendo sempre volentieri la tv per vedermi le loro partite. Ma anche quelle di Golden State“.
Chi è l’anti-Miami?
“Indiana, già arrivata a un pelo da batterla l’anno scorso. E comunque non sono affatto sicuro che Miami arrivi fino in fondo. Mi piacciono gli Spurs, perché da tempo li definiscono vecchi e, invece, sono sempre lì. Ma non credo che arriveranno alla finale“.
Chi sono i giocatori che più ammira?
“Kevin Durant, LeBron James e Paul George. Sono miei modelli e punto ad arrivare al loro livello. Ci riuscirò? Non lo so, ma quello è l’obiettivo. Sinceramente fra le ali piccole non ne vedo tanti più forti di me“.
Fonte: Gazzetta dello Sport