Lo 0-0 è il risultato che, storicamente, toglie l’essenza del calcio al gioco più bello del mondo. Sarebbe come togliere a Roma il Colosseo o a una donna la borsa. Lo 0-0 è un’emozione trattenuta, mai esplosa, sopita. Lo 0-0 è un’attesa infinita per qualcosa che non arriva mai.
Tutto, prima di stasera. Al Vicente Calderon di Madrid, lo 0-0 è poesia. 90 minuti di emozioni, sensazioni, giocate, agonismo, guerra calcistica, cornice di pubblico meravigliosa. Tutto, tutto perfetto. Così bello che il goal era superfluo e forse avrebbe macchiato questo capolavoro. Perché Diego Costa dimostra di essere l’attaccante più in forma di Europa, sotto gli occhi dell’altro Vicente. E lo fa nella serata nella quale non segna. Perché Filipe Luis, il meno brasiliano con i piedi, il più forte con la testa, dimostra di essere un terzino meraviglioso, così come il suo dirimpettaio e conterraneo, Daniel Alves. Ancora una volta.
Perché Arda Turan non farà le biciclette e i tuffi di Neymar, non i gol di Diego Costa, non ha il talento di Iniesta. Ma Arda Turan sa giocare a pallone con una naturalezza quasi imbarazzante. Perché Miranda e Godín, che forse singolarmente non sono due fenomeni, insieme sono completi, come tutta la squadra. Perché Piqué e Mascherano coniugano la classe del primo alla legna del secondo. Tanta, tanta, tantissima legna.
Perché Simeone non è un semplice allenatore di calcio, è un condottiero, un uomo immagine, un ultrà. Chapeau. Perché Martino dimostra che anche lui poteva dare qualcosa a Barcellona. Le palle. Perché Neymar al 92esimo subisce fallo ma non casca, anzi cerca di restare in piedi. Perché Messi, al 15% della sua forma migliore, risulta essere l’uomo più pericoloso dei suoi, in attesa di tornare ad essere il più pericoloso del mondo. Perché io sorrido davanti alla tv e dico grazie. Stanotte, vado a letto senza segnare i marcatori. Con un taccuino vuoto di inchiostro e ricco di emozioni.