Il bello delle donne

L’insolita collocazione, complice l’Epifania, della giornata di Serie A tra domenica e lunedì con nessuna partita programmata per sabato ci offre la possibilità di uno sguardo diverso dal solito.

A differenza del campionato maschile, che tornerà domenica, oggi è la volta della Serie A femminile, che riapre i battenti dopo la pausa.

Si tratta di un campionato che, per il secondo anno, stiamo seguendo molto da vicino. Lo facciamo perché è un piacere ma anche un po’ un dovere, perché lo sforzo e l’impegno profusi da tutte le partecipanti valgono. In un’annata di transizione, a cavallo fra la voglia di professionismo e quel senso di nicchia e di provincia così genuino e lontano dalla corruzione del calcio moderno, la corsa scudetto s’è fatta davvero interessante, con il Tavagnacco volenteroso e disposto a scacciare la Torres dal trono.

Trono che le sta bene, va ribadito: se per quattro volte consecutive il tricolore è rimasto in Sardegna un motivo ci sarà. Se al Tavagnacco va fatto un plauso per la battaglia settimanalmente data alle fortissime sassaresi, chi ha sin qui deluso è il Verona, lontanissimo dalla vetta e anche dalla posizione che vale l’accesso alla prossima Champions League.

Se nel campionato maschile la corsa pare riservata a Juventus e Roma (specie se i bianconeri continuano a correre, col Napoli troppo defilato), qui è lotta a tre: il Brescia ha fatto le cose per bene e vuol vendere cara la pelle, magari a partire dalla sfida alla Res Roma. Conosciamo l’entusiasmo e la professionalità di staff e calciatrici capitoline, ma la sfida alle Leonesse appare dura. È un vero esame per la matricola terribile, pronta alle luci della ribalta.

Succedono anche cose spiacevoli, in un mondo in crescita nonostante la crisi economica e la scarsa visibilità. Siamo ansiosi di capire come si evolverà la questione arbitrale, con società pronte ad adottare misure drastiche e un subbuglio globale preoccupante.

Ma perché preoccuparsene e, soprattutto, perché seguire questo calcio femminile? Si va a velocità ridotte, è vero, ma se si superano pregiudizi e stereotipi si può ammirare del bel calcio. Fatto di passione, semiprofessionismo e dilettantismo, personalità che si mettono in gioco e cercano l’agognato tricolore. Come nell'”altro calcio”, c’è chi lotta per traguardi grandi e chi invece per sopravvivere tra le migliori. C’è anche chi sorride di fronte alle dichiarazioni dell’Ibrahimovic di turno, o chi vuole andare in Europa e nel mondo con il club e con la nazionale.

Seguire il calcio delle donne può anche servire a toccare, con il sorriso e il tono che solo lo sport sa regalare, temi scottanti nella società. Penso alle dichiarazioni della nazionale inglese Casey Stoney riguardo l’omosessualità nel football, o alla eterna questione dei finanziamenti allo sport non professionistico, il problema delle strutture, della ricerca di seguito, della passione di piccole comunità che scalano l’Italia intera, per seguire undici ragazze.

Da un certo punto di vista è come una macchina del tempo, che ci regala i colori dell’Arsenal su un campo da 4.500 posti (solo 600 a sedere), che strizza di nuovo l’occhio a un calcio lontano dai riflettori, dalle multinazionali e da certi scandali.

Riconcilia, insomma, col prato verde e la palla che rotola. Col sogno di ogni bambino.

Anzi, di ogni bambino e di ogni bambina.

Buon calcio, buon calcio alle ragazze che mostrano l’altro lato della Serie A.

 

 

Published by
Matteo Portoghese