Borja Valero, “uno” che non ti aspetti
E’ brutto essere al posto giusto nel momento sbagliato.
E’ ancora peggio se, quando il momento diventa giusto, continui a essere ignorato.
Il signor Borja Valero Iglesias nasce a Madrid il 12 Gennaio 1985, e da quel momento ha sempre avuto grinta, piedi, testa e cuore da numero uno.
“Uno”. Che brutto numero. Uno come il suo gettone con la maglia del suo Real Madrid in Champions League, quando giocò 17 minuti nella trasferta di Kiev.
Eppure aveva rafforzato le sue ossa per quella maglia, per quel modo di pensare calcio, per quell’armatura bianca. Ma la sua trafila nelle giovanili e le sue 76 presenze nel Real Madrid Castilla (ex Real Madrid) gli valsero “uno”.
E poi… la Roja. La maglia della squadra che ha fatto qualcosa di indelebile nella storia. Due europei e un mondiale consecutivi.
Però Borja ha fatto… uno. Dopo l’Under 17, 18 e 19, il metronomo con talento da trequartista ha raggiunto la nazionale, quella vera. Ma era soltanto uno Spagna-Stati Uniti, amichevole non troppo di lusso. Quella volta i minuti furono 65. Un po’ meglio, no Iglesias?
Non proprio.
Perchè tu parli una lingua speciale con quella sfera. La sai mettere in rete, perché 28 gol in 277 partite, per uno che fa tutto quello che fai tu, non sono così pochi. E poi sai far segnare gli altri. Per ulteriori conferme chiedere a Nilmar, a Guiza e soprattutto a Pepito.
58 passaggi gol in carriera, per un giocatore che utilizza la coda dell’occhio come pochi.
Poco più di un contentino per lui essere l’acquisto più costoso della storia del West Bromwich Albion grazie a un investimento da 4,7 milioni di sterline nel lontano 2008. Probabilmente fu l’anno peggiore della sua carriera.
Nel 2013-2014 6 gol e 8 assist fra campionato ed Europa League in 1944 meravigliosi minuti giocati. Minuti tutti diversi uno dall’altro. Istanti fatti di aperture con il goniometro, di ricami magistrali, di tiri al fulmicotone e di stop come quello fresco fresco con il Bologna.
Eh già, gli esperti ce lo ripetono da anni: “il primo controllo è tutto nel calcio”. Il signor Iglesias avrà sbagliato una decina di primi controlli in carriera, ma non gli è bastato.
Eppure, Vicente Del Bosque è uno degli allenatori più stimati della storia del calcio. E allora, marchese di Spagna, guardi le idee di quest’uomo calvo e aggraziato che dirige il centrocampo della squadra più divertente di Italia, e provi a riflettere.
La sua Nazionale, nonostante la finale di Confederations Cup malamente perduta, arriverà in Brasile da numero 1.
E allora, Vicente, non si curi del fatto che non gioca nel Barcellona o nel Real Madrid.
Un numero 1 non merita di fare uno. Non crede?