Un colpo di tacco è per sempre
Palacio si muove tra le linee d’attacco avversarie indirizzato da un pensiero laterale. S’allarga sulle fasce proteggendo sempre una distanza dai suoi malcapitati marcatori, come se non riuscissero a stringere la corsia, come se non ci fosse un pedaggio difensivo al termine della corsa. E con la stessa scaltrezza, quando entra in area di rigore, assume movenze tangueire, retaggio di un’infanzia argentina, per scivolare sempre un passo oltre il confine del controllo avversario, rabdomante del gol, per bacchetta una treccina, per bottino la preda più ambita sul rettangolo di gioco, il gol.
In un’epoca di radiografie statistiche e grafici dei rendimenti, potrebbe bastarci questo per dargli una patente di affidabilità, annoverarlo tra i “top player” che ancora bazzicano sui nostri campi, infiocchettare la celebrazione e metterla sotto l’albero dei tifosi nerazzurri.
Ma dopo la prodezza di tacco con cui ha deciso il derby prenatalizio, Rodrigo Palacio ha fatto qualcosa in più. Ha regalato ai tifosi un virtuosismo repentino, di quelli che accendono la fantasia dei ragazzini e confermano la bontà dello spettacolo calcistico agli adulti, conquistando la memoria a lungo termine.
Il tacco di Palacio entra in una galleria di ritratti storici dove albergano i ricordi di altri talloni illustri. Come per esempio Rabah Madjer, attaccante algerino del Porto, autentico talento nordafricano, uno dei primi ad essersi imposti in Europa. Correva l’anno 1987 e al Praterstadion di Vienna, il favoritissimo Bayern Monaco di Rummenigge affrontava il Porto, in finale di Coppa dei Campioni. Ma quella sera, il talento del portoghese Futre e la magia dell’algerino Madjer, fecero la parte di Davide e abbatterono il Golia teutonico. Al 79’, con i tedeschi in vantaggio, su una palla in area a pochi metri dalla porta, Madjer scelse il tocco più difficile, nel momento più delicato: tacco pieno, leggero e piazzato a lambire il palo. Da allora in poi, rimase noto come “il tacco di Allah”. Anche Madjer avrebbe dovuto vestire la maglia dell’Inter all’epoca, se non fosse stato fermato dalle visite mediche.
Ricca di successi e apprezzamenti fu anche la storia di Gianfranco Zola al Chelsea. Ma il gesto che più di ogni altro gli valse il nomignolo di “Magic Box”, fu il fantastico gol con colpo di tacco, ad altissimo coefficiente di difficoltà, contro il Norwich. Ma per trovare un altro gol di tacco siglato in un derby, bisogna ripensare alla prodezza di Amantino Mancini con la maglia della Roma. Mentre un altro Mancini, Roberto, stavolta con la maglia della Lazio, segnò al Parma una rete simile (per alcuni, il gol più bello della storia). In bianconero, gol del genere furono segnati da Bettega e da Del Piero. Doloroso il ricordo del gol di tacco del giovane Ibrahimovic all’Italia (crescendo, ne ha fatti anche altri). Al volo in movimento e in rovesciata, al termine di un’azione corale, quello segnato da Johann Cruyff con la maglia del Barcellona, contro l’Atletico Madrid, nel lontano 1973.
Insomma la galleria dei firmatari storici è illustre ma soprattutto testimonia che un colpo di tacco è un gioiello. Ed è per sempre. Griffato, stavolta, Rodrigo Palacio.