Alla Scala, si sa, durante lo spettacolo si sta in rigoroso silenzio.
Alla Scala del calcio, però, il silenzio fa un po’ effetto.
Ottantasei minuti di bisbigli, di ululati alle occasioni da rete sbagliate, di qualche protesta per decisioni arbitrali avverse. Ma niente tifo, nessun coro, nessun incoraggiamento ai propri beniamini.
Uno stadio silenzioso, quasi ottantamila persone mute a guardare il derby di Milano.
E lo spettacolo in campo ne ha risentito. Come gli attori hanno bisogno di una perfetta calma in sala per rendere al meglio, così i giocatori in campo sentono la necessità di essere sospinti dai cori dei propri tifosi. La mancanza della forza del pubblico ha tolto ai ventidue in campo – e di conseguenza al derby stesso – quella carica e quella adrenalina di cui una partita del genere avrebbe avuto bisogno per decollare su vette molto più alte di quello che comunemente chiamiamo “gioco del calcio”.
Ma la poesia di quest’arte nobile espressa coi piedi è stata pronta a dimostrare di poter vincere anche contro la protesta del tifo, anche contro il clima avverso sugli spalti. È bastata una giocata, un capolavoro venuto fuori dal nulla, a far di colpo esplodere il silenzio in un fragoroso boato.
Dopo il colpo di tacco di Rodrigo Palacio, quello che per ottantasei minuti è stato un assordante silenzio si è trasformato in una scarica di gioia e disperazione al tempo stesso, unendo i quasi ottantamila “muti” in un unico urlo che ha guidato le due squadre in campo a giocare su ritmi elevati fino alla fine della gara. Ritmi e intensità che avremmo preferito vedere fin dall’inizio della partita, che, data la sua importanza e rilevanza, avrebbe meritato un teatro diverso dal San Siro di ieri sera.
Non entriamo nel merito della protesta dei tifosi. Le sanzioni delle ultime settimane, le curve chiuse e tutto ciò che ne consegue sicuramente sono un duro colpo al tifo italiano.
Ma questo clima non aiuta il nostro calcio, ieri sera è stata solo l’ennesima dimostrazione di un movimento ai minimi storici.
Per fortuna, però, che esistono poeti come Palacio e capolavori come un gol di tacco sul finire di un derby di Milano.
È grazie ad armi come queste che la poesia del calcio continuerà a vincere. Sempre e comunque.