C’è una squadra in NBA che, più di tutte, sta letteralmente facendo saltare il banco: una franchigia che, all’inizio della stagione, si pensava avrebbe fatto da comparsa nel tentativo di accaparrarsi uno dei maggiori talenti del prossimo Draft. Sto ovviamente parlando dei Phoenix Suns, trascinati dal talento di Goran Dragic, il playmaker sloveno che ha fatto impazzire l’Italia agli scorsi Europei: oltre ai numeri che lo sloveno sta mettendo a referto, l’impressione è che la squadra giri in questa maniera proprio grazie alla sua intelligenza cestistica, al suo talento immenso e al suo altruismo, che gli permette di smistare più di 6 assist a partita. I 19 punti per incontro, inoltre, sono ben distribuiti tra conclusioni oltre l’arco e penetrazioni che fanno impazzire le difese avversarie. Sino a questo momento i Phoenix Suns hanno giocato come una squadra da Playoff e, con il record i 14 partite vinte e 9 perse, sono la sesta squadra in una conference così competitiva come la Western Conference. Appaiati alla squadra di Dragic, invece, ci sono i Denver Nuggets che, dopo l’addio di Andre Iguodala e George Karl, sembravano destinati anch’essi a una stagione mediocre, considerando che Danilo Gallinari è ancora ai box per l’infortunio subito lo scorso aprile. Eppure sino adesso hanno trovato l’alchimia giusta, e chissà che proprio il ritorno del Gallo non possa permettere alla squadra del Colorado di effettuare l’ennesimo salto di qualità. Da italiani non possiamo che augurarcelo, così come non possiamo non sperare che i Knicks di Andrea Bargnani escano da questa crisi che sembra non finire mai, con Woodson come maggior indiziato al banco degli imputati. Anche stanotte, nonostante un +3 maturato a soli 50 secondi dalla fine, la squadra di New York è riuscita nell’impresa di perdere contro i Washington Wizards: l’impressione è che la squadra, a volte, giochi quasi contro il proprio allenatore, come in occasione delle due partite disputate di mattina contro Spurs e Celtics in cui Anthony e compagni hanno perso di oltre 30 punti.
Chi invece non sembra avere intenzione di fermarsi è Kevin Love, nonostante i Minnesota Timbervolves non navighino in acque tranquille. Con 12 vittorie e 13 sconfitte, al momento, sarebbero infatti fuori dalla corsa per il titolo: l’ala grande viaggia però a 25 punti, 13.5 rimbalzi e 4 assist a partita, un ruolino che se fosse confermato in una contender potrebbe seriamente porlo tra i favoriti per il titolo di MVP della Lega. Resta però l’incognita difesa, visto che non è di certo la specialità della casa; non è un caso che, infatti, Minnesota fatichi comunque a stare tra le grandi della lega nonostante giocatori come Rubio, Pekovic, Martin e lo stesso Love.
La notizia della settimana, però, non può che riguardare i rumors circa la possibile abolizione delle conference in un futuro prossimo. Sarebbe uno sconvolgimento pazzesco all’interno dell’organizzazione NBA e, in ogni caso, verrebbe effettuato per compensare l’attuale (non) equilibrio presente tra le due conference: a est, infatti, in questo momento con un record appena negativo si riuscirebbe ad avere addirittura il fattore campo ai playoff, mentre ad ovest i New Orleans Pelicans (11-11) guarderebbero le fasi finali della stagione dal divano di casa propria. Per questo motivo, secondo alcune fonti, si potrebbe passare a un sistema in cui le migliori sedici squadre nell’NBA vanno ai playoff, senza divisione territoriale: un sistema che comunque non renderebbe giustizia lo stesso, perché senza modificare il calendario (riducendolo magari a una sessantina di partite o poco più, per alzare il livello qualitativo medio degli incontri stessi) le squadre dell’Ovest giocherebbero solo due volte contro quelle dell’Est: Miami e Indiana, quindi, giocherebbero quattro volte contro i disastrosi Bucks e solo due volte contro squadre dell’ovest ben più blasonate. La strada da percorrere, per quanto mi riguarda, non è questa: perché per rimediare a un’ingiustizia se ne creerebbe un’altra.
LE PUNTATE PRECEDENTI:
Zona NBA #10 – Il genio di Carlisle, Bennett e il ritorno di Kobe
Zona NBA #9 – C’era una volta la terra delle macchine
Zona NBA #8 – Portland, Rose e il season ending injury
Zona NBA #7 – Beasley, Ware e i problemi della Grande Mela
Zona NBA #6 – La trasformazione di Marco Belinelli
Zona NBA #5 – Carter-Williams, Oladipo e il fascino della matricola
Zona NBA #4 – Gigi l’americano
Zona NBA#3 – Power Ranking: Western Conference
Zona NBA #2 – Power Ranking: Eastern Conference
Zona NBA #1 – La compagnia dell’anello
Zona NBA #0 – L’antefatto e il numero zero