Cori per Corini.
Eppure non l’avremmo mai detto, il giorno della sua nomina ad allenatore del Chievo Verona in sostituzione di Sannino poco meno di un mese fa.
Non l’avremmo mai detto perché era difficile anche solo immaginare una squadra come quel Chievo, ultimo con soli sei punti in dodici partite e con il peggiore attacco della Serie A, fare poi nove punti nelle successive tre gare.
Ci eravamo anche sorpresi, a dir la verità, all’esonero di Sannino. È strano, ammettiamolo, vedere esonerato l’allenatore dell’ultima in classifica dopo un pareggio con il Milan. Solitamente succede — o dovrebbe succedere — il contrario.
Chissà cosa mai vorrà fare o dimostrare Campedelli con questa mossa, abbiamo pensato.
Ma alla fine ha avuto ragione lui. Ha avuto l’onestà e l’umiltà di ammettere l’errore commesso interrompendo i rapporti con Corini alla fine della scorsa stagione e, ritenendo comunque Sannino un buon allenatore, l’ha esonerato per richiamare l’ex centrocampista — tra le altre — dei clivensi.
Prima partita, derby contro l’Hellas. Vittoria arrivata nel finale.
Seconda partita, scontro diretto contro il Livorno. Tre a zero senza storia.
Terza partita, altro scontro diretto in casa del Sassuolo. Terza vittoria.
Cinque gol fatti, zero subiti. Chievo salito a 15 punti, solamente tre in meno rispetto a quel Milan che era costato la panchina a Sannino.
La rivoluzione di Corini è stata fatta in due semplici mosse:
1) cambiato il sistema di gioco, passando da una difesa a cinque a una a quattro e con due esterni a supportare la prima punta;
2) cambiata la mentalità alla squadra, che, se prima entrava in campo pensando “prima di tutto, non prenderle”, ora è propositiva e non aspetta passivamente gli attacchi degli avversari.
L’ex numero 5 dei gialloblù ha ammesso che la solidità difensiva è figlia anche della gestione precedente e che il lavoro più importante è stato fatto sulla testa dei giocatori, che avevano perso fiducia ritrovandosi ultimi in classifica.
I fatti, però, gli danno molti più meriti di quanti lui non se ne attribuisca. La testa, nel calcio, fa più del 50% del lavoro e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Un giocatore non sufficientemente motivato non renderà mai al massimo del suo possibile.
E Corini questo l’ha capito: che i giocatori usino i piedi, alla loro testa ci pensa lui.