Fu un esordio clamoroso, quello di Francesco Calamita, virgulto del Verona, all’epoca di Bagnoli. Il 20/12/1987, da pochi minuti in campo, la mezzala mancina si prese la briga e di certo il gusto di infilare in tunnel niente meno che sua maestà Diego Armando Maradona, al margine di una partita che finì con un impietoso 4-1 per i partenopei. Poi, più niente, le sue statistiche si esauriscono qui, le cronache riportarono un’anonima carriera tra i dilettanti, solo le memorie locali conservano in archivio quell’aneddoto, che adesso Calamita racconta ridendo al bar.
Sempre in clima natalizio, il 18/12/98, mise la sua prima firma da professionista, con un gol di raffinata fattura contro l’Inter, sgusciando tra Blanc e Panucci dopo un controllo di tacco, “el pibe de Bari”, Antonio Cassano.
Quindici anni dopo, Cassano ha posto contro il Bologna, la sua centesima firma in serie A, con un gran tiro al volo, incrociando su calcio d’angolo.
A ciascuno il suo, scriveva Sciascia. Se per il carneade scaligero, il ricordo di un pomeriggio lontano può bastare per raccontare un quarto d’ora di gloria effimera, per l’ex ragazzo di Bari vecchia, i fuochi d’artificio hanno costellato un’intera carriera, senza tuttavia dar vita a quell’incendio del campanile che il finale della festa richiederebbe per un tripudio collettivo. Cento gol, molti dei quali di pregevole fattura, sono tanti e sicuramente gli varranno il biglietto di ingresso nella hall of fame italiana, tuttavia costituiscono un traguardo individuale che non ha saputo trovare riscontro in adeguati successi collettivi.
Dopo aver partecipato a tre Europei, sempre in bilico tra applausi per giocate superiori e assenze nei tabellini che contano, oggi Cassano insegue il sogno del mondiale brasiliano, per poter partecipare almeno una volta alla regina delle competizioni. Tra i grandi talenti assenti alla passerella planetaria, è in buona compagnia: non ebbero l’onore del proscenio alcuni tra i più grandi calciatori di tutti i tempi, da Di Stefano a Kubala, da Nordahl a Valentino Mazzola, da Bernd Schuster ad Eric Cantona. Per arrivare a nomi più vicini ai ricordi nostrani, non scese mai in campo, pur convocato, l’ex enfant prodige Roberto Mancini (un altro che in virtù del proprio talento, in serie A giocava addirittura a 16 anni) e anche di Gianfranco Zola, che pure vi partecipò ad USA ’94, resta solo l’immagine di un’immeritata espulsione contro la Nigeria dopo pochi minuti di gioco.
Oggi Cassano da il meglio di sé in provincia, dove già aveva ristrutturato la propria fama, all’epoca dell’esperienza sampdoriana. Eppure per lui, dopo l’esperienza romana alla corte di Totti (che per quanto abbia avuto un rapporto travagliato con la Nazionale, può comunque vantarsi del titolo di Campione del Mondo), per Cassano s’erano aperte le porte del Real Madrid, la squadra che da sempre ha annoverato il più alto numero di talenti e di campioni al mondo. Ma di quella esperienza, che avrebbe dovuto indirizzare Cassano lì dove giocano gli dei, resta solo la caricatura di un giocatore grassottello, attaccato ad un distributore di merendine.
E forse sarà stata proprio una bulimia di vita, la stessa che Cassano ha raccontato in due libri di memorie decameroniche, scritti con Pierluigi Pardo quando non era nemmeno trentenne, che hanno portato quel talento così cristallino a limitare il proprio raccolto a traguardi individuali, come i 100 gol, o come giocate da raccogliere e montare con ritmi trascinanti in mirabili video su youtube, senza però mai l’immagine di una coppa alzata. Sì, c’è lo scudetto vinto con il Milan, ma a dirla tutta, più da comprimario che da mattatore, come avrebbe dovuto essere nel destino che gli prospettavano gli incantati osservatori dei tempi giovanili.
Istinto e genio, Cassano può esibire un controllo di palla in corsa come forse nessun altro in Italia. Visione della porta e capacità di inventare spazi essenziali ed invisibile agli occhi con assist liftati e incantesimi repentini. Ai tempi della Roma, anche corsa e buona presenza tattica.
Il Cassano di oggi, in ambienti controllati e privi di stress da traguardo compulsivo, come quello rappresentato dalla classifica del Parma, conserva ancora intatte queste doti, ma in un raggio d’azione che tende a circoscriversi in pochi metri, senza la brillantezza dello scatto lungo e con qualche limite di copertura.
Per gli anni andati ormai, Cassano non può far nulla. Ma nemmeno sarebbe giusto sperperare quel che resta del talento. Fa bene a provarci Cassano, anche se Prandelli difficilmente cambia le proprie graduatorie gerarchiche. Di punte, la Nazionale ne ha già molte. Oltre ai centravanti come Balotelli, Osvaldo e Gilardino, la concorrenza porta i nomi di Giuseppe Rossi, Cerci, Insigne e Diamanti, senza dimenticare El Shaarawy e Giovinco. A pensarci però, tutti ottimi giocatori, ma nessuno in grado di compiere magie. E non stiamo parlando di effimeri tunnel a Maradona.