Home » Rugby internazionale: cosa resta dei test match di novembre

Rugby internazionale: cosa resta dei test match di novembre

È stato un mese pieno di rugby, per chi ha il palato fine e vuole vedere in campo sempre i migliori. Novembre 2013 ha visto la squadra degli All Blacks consegnare nuovamente un record alla storia, con le altre grandi dell’emisfero sud in ripresa e qualche ritardo dei team del Sei Nazioni.

Impossibile non aprire la rassegna dei test match di novembre senza parlare della Nuova Zelanda, la prima nazionale a rimanere imbattuta per un anno intero dall’epoca del professionismo. A nessuno, dal 1995 in poi, tale impresa era riuscita, ed è un risultato che acquista ulteriore valore se si pensa al livello degli avversari affrontati dagli All Blacks durante l’anno solare: Sud Africa e Australia sono squadre toste, per non parlare della Francia, o dell’Inghilterra trafitta a Twickenham.

L’impressione di solidità data da Carter e compagni ogni qual volta che God defend New Zealand è seguito dalla haka è ormai storia, così come è innegabile che nello sport difficilmente si trova una squadra così completa, pragmatica, concreta e forte. Attrezzata per vincere sempre, primeggiare contro i migliori, mescolare bene talento e carattere: per batterli devi essere impeccabile, devi valere tanto, devi azzeccare la partita perfetta, devi trovare questi mostri sacri in una serata storta. Cosa più unica che rara, a dire il vero. Anche perché pure quando l’equilibrio regge e le cose si mettono male gli All Blacks sono capaci di rimontare e colpire alla giugulare, negli ultimi istanti, quando fa davvero male: chiedere all’Irlanda, a un passo dalla storia ma beffata a Dublino sul più bello.

Chiunque vorrà d’ora in poi scrivere la storia del rugby union dovrà fare i conti con la Nuova Zelanda dunque, perfetta anche quando mancano gli uomini migliori, profonda e forte di un movimento di club in salute e vincente (vedi i successi dei Chiefs negli ultimi Super XV, ndr).

Ma alle spalle dei campioni del mondo qualcosa si muove, con il Sudafrica in piena crescita e primo fra gli umani, verrebbe da dire: nell’ultimo Championship gli Springboks hanno avuto il top scorer in Morné Steyn, nel miglior attacco del torneo con 203 punti in 6 partite. Lo spettacolo di novembre è iniziato con il prestigioso successo di Cardiff: Galles battuto 15-24 e Fourie du Preez uomo partita. Vero che negli ultimi anni i campioni del Sei Nazioni mai hanno illuminato la scena dei test match, però l’affermazione è di quelle rilevanti e mostra lo stato di salute del XV di Heyneke Meyer, che ha proseguito vincendo 19-26 allo Stade de France, dove oltre al campo in pessime condizioni s’è segnalata la maturità del gruppo sudafricano, cinico nel mettere a nudo i limiti di una Francia discontinua, sfilacciata e scarica alla distanza. Quando non gira Morgan Parra è difficile per i Bleus. 

Il Sudafrica ha chiuso il tour europeo con l’agevole vittoria di Murrayfield, Edimburgo (0-28). E qui non c’è tanto da commentare: squadre semplicemente su pianeti diversi, con gli scozzesi messi in imbarazzo in ogni fase di gioco, incapaci di segnare e ora vogliosi di evitare il cucchiaio di legno al prossimo Sei Nazioni.

Tutto sommato in ripresa l’Australia, terza e a corrente alternata nel Championship 2013 ma in risalita nei test. Se il ko di Londra il 2 novembre già aveva posto fine ai sogni di imbattibilità in Europa, gli Wallabies hanno un linguaggio del corpo diverso rispetto alle impacciate e criticate versioni precedenti. Il talento presente nel gruppo è innegabile, Ewen McKenzie ha rilanciato Quade Cooper titolare mediano d’apertura, dandogli le chiavi del gioco nel bene come nel male: all’Olimpico di Torino è stata una valanga, in un trend proseguito con 15-32 di Dublino il 16 novembre, e il sudato 15-21 sulla Scozia. Considerato anche che nel ko in Inghilterra rimane qualche dubbio su certe chiamate arbitrali, gli australiani possono guardare al tour in Europa come a un successo, nella consapevolezza del ritardo rispetto a sudafricani e All Blacks.

Passando alle potenze del Vecchio Continente, il Galles vive la solita metamorfosi fra Sei Nazioni e test contro avversari dell’emisfero sud. Di rado i Dragoni sono performanti contro chi viene da così lontano e il ko con il Sudafrica non ha fatto eccezione. Vero che il 40-6 inflitto alla malcapitata Argentina ha galvanizzato l’ambiente, ma i Pumas sono di livello inferiore rispetto a chi vuole approcciarsi al mondiale 2015 col ambizioni iridate. Nel giorno dell’esordio in nazionale di Hallam Amos e Rhodri Williams, il Galles ha poi messo in riga Tonga (17-7), in una partita tutt’altro che bella, e oggi pomeriggio chiuderà contro l’Australia al Millennium Stadium: gara tutta da vivere, con fischio d’inizio alle 18 (ora italiana).

Foto England Rugby
Foto England Rugby

Discreta ma non impeccabile l’Inghilterra, che porta a casa lo scalpo prestigioso degli Wallabies ma non si libera di certi limiti, in particolare in certe zone del campo. Joel Tomkins non ha propriamente convinto, e il gap rispetto a Sudafrica e Nuova Zelanda è ancora evidente, nonostante il lavoro di Stuart Lancaster guardi soprattutto alla Coppa del Mondo 2015 da giocare davanti al pubblico amico. C’è stato tra l’altro il decimo anniversario del trionfo al mondiale 2003, l’anno di Jonny Wilkinson e di quel drop, evento che ha fatto chiedere ad ogni suddito di Sua Maestà “dov’eri in quel momento?”, in relazione al supplementare della finale contro l’Australia. I 10 anni sono stati festeggiati battendo proprio gli australiani a Twickenham, per poi liquidare agevolmente l’Argentina (31-12) e poi cadere in casa con gli All Blacks. Il 22-30 del 16 novembre rende l’impresa di un anno fa exploit isolato di un team che sembra mancare del centesimo per fare la lira: all’ex Director of Rugby di Leeds il compito di lavorare per il definitivo salto di qualità, anche perché la Red Rose rappresenta (forse) l’unica speranza iridata europea insieme al Galles.

Detto che l’Irlanda è sempre indecifrabile ma lontana dai livelli di un tempo, a preoccupare sono soprattutto Scozia e Italia: l’impressione è che il prossimo Sei Nazioni significherà soprattutto evitare il cucchiaio di legno e salvare la faccia, perché limiti e difetti sono grossi e innegabili. Gli scozzesi hanno sì messo in riga il Giappone (42-17), ma mai sono stati in partita contro gli Springboks, mentre con l’Australia qualcosa s’è visto. Peggio ha invece fatto l’Italia, devastata dalla velocità dell’Australia a Torino e invero imbarazzante nei placcaggi, nel ritmo, nell’esecuzione del piano partita. Un 20-50 interno difficilmente si può giustificare con il blasone dell’avversario, anche perché poi nella sfida di Cremona alle Figi è andato a mancare il killer instinct, e nel festival del cartellino giallo (a tratti gli isolani sono rimasti addirittura in 11, ndr) gli azzurri non l’hanno chiusa quando dovevano e nella ripresa si sono quasi fatti rimontare. Italia bocciata anche nel test “papale” all’Olimpico, davanti a un’Argentina adesso abituata ai ritmi del Championship ma molto rimaneggiata: poco da salvare nel 14-19 davanti ai 37mila di Roma.

Se più o meno ovunque si è visto lo stato di salute del movimento, ora la palla passa ai club. Con i campionati che ripartono e la polemica sulla prossima Heineken Cup probabilmente vicina a una soluzione definitiva,  è tempo di campionati e coppe. Dal Top 14, ora guidato da Clermont, al Pro 12 dove Zebre e Treviso dovranno aiutare l’Italia a risalire la china, fino alla Premiership e ai suoi stadi suggestivi.

In attesa che qualcuno raggiunta il livello della Nuova Zelanda, e riporti sulla terra una squadra che ora come ora sembra davvero imbattibile. Per informazioni rivolgersi ad Australia, Francia e Inghilterra.