Alla fine della tredicesima giornata, il campionato di serie A arriva ad un svolta. Mentre lenta ed inesorabile la Juventus recupera la vetta della classifica, dietro si staccano le sfidanti designate, a cominciare dalla Roma, bloccata a reti bianche in un grigio lunedì sera di fine novembre, davanti al proprio pubblico infreddolito e attonito.
Con l’arrivo del Generale Inverno, sospinti da un brillante colonnello basco, la controffensiva delle truppe “sabaude” piemontesi a Livorno ha sortito la riconquista del primato in classifica, mettendo a freno le aspettative rivoluzionarie che s’erano suscitate negli avversi popoli del pallone.
All’ombra del cupolone, nonostante un record di vittorie consecutive e l’invalicabilità dei bastioni difensivi, s’è aperta una breccia nella cittadella di Garcia e, complice l’assenza dell’eroe del popolo Francesco Totti, le polveri bagnate in fase d’attacco hanno frenato un’offensiva che sembrava avviata a non conoscere ostacoli. Adesso il momento critico richiede una decisione storica: ripartire recuperando quell’enfasi incagliata sulla tre quarti di centrocampo, anche a rischio di sfaldare la truppa, o ripiegare arroccando in difesa della ministeriale posizione in graduatoria, utile comunque per circolare all’interno degli accordi di Shengen con passaporto per la Champions?
Né suona meglio la musica degli sfidanti “borbonici” designati ad agosto, sfiatati dalla pressione del doppio impegno europeo, al punto da cedere in casa, trafitti da un guizzo del brigante Cassano, che proprio al Napoli ha voluto riservare la sua centesima stoccata in serie A. Forte dalla cintola in su, arrembante quando si trova a favor di vento, la truppa di Benitez sta dimostrando però di soffrire se affrontata con destrezza tattica e marcature arcigne. Lenta a centrocampo, stralunata in alcuni uomini chiave, sembra patire eccessivamente quando Higuain non azzecca la stoccata vincente. Dopo una prima sensazione iniziale, per cui il subentro dell’ex centravanti del Real Madrid al Matador Cavani sembrava aver giovato all’intera manovra di gioco aumentando il rendimento collettivo, oggi la prospettiva sembra essersi rovesciata, nel segno della dipendenza della squadra dalla capacità di finalizzare dell’argentino.
A Milano poi, non c’è velleità nobiliare che tenga, né l’ Inter né tantomeno il Milan (che per inciso, malgrado il contrito punticino interno, non ha perso nulla sui concorrenti alla volata europea) possono permettersi voli pindarici e quarti d’ora onirici. I nerazzurri, malgrado una buona prestazione e un collettivo che si conferma compatto ed ordinato nel condurre le operazioni di gioco, non sembrano disporre di un arsenale tale da impensierire realmente i nuovi primatisti. Carattere, disciplina e rigoroso attaccamento alle consegne, come si conviene alle squadre allenate dal comandante Mazzarri. Ma il pareggio contro un modesto Bologna ha reso evidente come la guerra di trincea, ancora cara al comando nerazzurro, consenta di attestare la posizione e difenderla dagli assalti delle compagini retrostanti, ma difficilmente permette di guadagnare metri in avanti.
Ripiegamento e recupero del morale invece, è quel che serve al Milan, per riproporre un contrassalto natalizio, in un campionato altrimenti segnato dalla parola chiave “decadenza”.
Lontana e troppo spesso fatua, la Fiorentina di Montella, che ad Udine ha sprecato l’occasione di rilanciarsi e capitalizzare i complimenti per quanto sin qui dimostrato nelle belle arti pallonare, perdendo gli ennesimi punti preziosi, per la ricorrente e preoccupante incapacità di andare oltre i preliminari del gol. L’assenza di Gomez e la mancanza di un sostituto di ruolo, rischiano di pesare malamente sul bilancio complessivo, nonostante l’impegno di Pepito Rossi per cantare e portare la croce.
Dopo un terzo di campionato, la mescolanza dei valori al vertice sta assestandosi in quelle reazioni a suo tempo previste. La Juventus è di nuovo in vetta e chi doveva essere secondo si appresta a rincorrere. Il campionato ricomincia ora.