Rugby League World Cup 2013, semifinali: Nuova Zelanda all’ultimo respiro, Inghilterra ko

Tutto come prima. Forse, se si guarda solo al risultato finale, senza passare dal via.

La Rugby League World Cup ha visto lo stadio di Wembley ospitare le semifinali nel pomeriggio di sabato, con le vittorie di Nuova Zelanda e Australia, ai danni rispettivamente di Inghilterra e Figi.

Per la terza volta consecutiva, dopo le edizioni 2000 e 2008 della competizione iridata, in finale si sfideranno Kiwis e Kangaroos, con gli inglesi ormai frustrati, sconfitti, lontani dall’atto decisivo della Coppa del Mondo dalla lontana edizione 1995.

Prima della finale 1995, persa contro un’Australia decimata a causa della Super League War e in qualche modo rimpianto di un’intera generazione (ma che dire del 1992 e di Mal Meninga?), l’Inghilterra competeva come Gran Bretagna e vantava 3 titoli mondiali. Lontani, a metà fra bianco e nero e colore, ma certo rievocati nella semifinale di sabato, decisa negli ultimi 30 secondi davanti ai 67mila dell’ex Empire Stadium, che cederà il passo ad Old Trafford sabato prossimo ma si è preso la sua bella dose di rugby stellare.

Perché stellare è stato, anche volendo evitare iperboli ed esagerazioni, il primo dei match di semifinale. È scesa in campo, a detta di molti addetti ai lavori, l’Inghilterra più forte degli ultimi 15 anni, grazie all’esperienza dei suoi giocatori migliori nella NRL australiana, al talento di Sam Tomkins (prossimo al trasferimento proprio in Nuova Zelanda, per una cifra record), al sostegno di una nazione mai come stavolta unita – al di là delle barriere fra codici, fanno fede gli ascolti della BBC – alla ricerca della gloria mondiale. Lontana dal 1972, scomodando i Lions britannici.

Certo, l’avversario non era di quelli facili, perché la Nuova Zelanda appare più compatta, più squadra, meglio disposta in campo rispetto a quella del 2008, sul tetto del mondo nella partita che distrusse il dominio pluriennale dell’Australia, nella serata che, assieme alla notte di Auckland del 23 ottobre 2011, avrebbe reso il movimento Kiwis campione iridato in entrambi i codici, nel rugby di tutte le salse.

Perso Benji Marshall, passato di recente al rugby union e probabile futuro All Blacks, ritrovato Sonny Bill Williams, che a una medaglia d’oro in entrambi i codici ci terrebbe eccome, questa squadra schiera giocatori di fama mondiale, capaci di sfidare giorno per giorno gli australiani più forti in stagione, una delizia tecnica oltre che atletica, sotto ogni punto di vista: hanno vinto loro, 20-18. Rispettando il pronostico, ma all’ultimo respiro.

Grazie a una prodezza di Shaun Johnson, il “nuovo Benji“, autentico funambolo di questo sport, ambasciatore dei Warriors nella NRL. Crudele assistere all’errore di piazzamento, nella difesa dell’azione decisiva, di un Kevin Sinfield sin lì impeccabile e anzi ispirato, perché un classe 1980 cui mancava solo la gloria internazionale un dispiacere così non se lo meritava, e perché la partnership con Gareth Widdop aveva sin lì funzionato egregiamente.

La partita, insomma, ha regalato agli spettatori di Wembley e alla platea mondiale 80′ di intrattenimento, in uno dei punti più alti del league internazionale degli ultimi anni. Mai così da vicino, dal 1995 in poi, l’Inghilterra aveva toccato la finale. Per il linguaggio del corpo mostrato, per i progressi fatti, e per la differenza con quanto accaduto nel 2008.

Prima del gioiello neozelandese dell’ultimo respiro, per i Lions avevano segnato O’LoughlinWatkins e Sam Burgess, con in particolare l’uomo dei Souths fiero uomo partita. La Nuova Zelanda aveva risposto con la doppia marcatura di Tuivasa-Sheck, ventenne dal futuro assicurato e dal presente più che roseo: è stata battaglia vera, dove Sinfield ha mancato un calcio discretamente piazzabile, fino all’acuto di Johnson al 79′. A quel punto, grazie alla facile conversione, il tabellone indicava 20-18, mandava in finale i campioni del mondo, spezzava le ambizioni del XIII di Steve McNamara. Che ora dovrà rispondere, in attesa di capire se sarà confermato o no, a tutte le domande del caso, circa il mancato utilizzo da titolare di Widdop fino alla semifinale, o la questione Danny Brough, autentico interrogativo durato un mondiale intero.

Foto Rugby League World Cup 2013 RLWC

L’Inghilterra, giusto per non far sentir sola la controparte calcistica, ha avuto le sue vicende bizzarre, con diversi casi disciplinari aperti e poi chiusi nei confronti di diversi giocatori, con la stampa sospesa a metà fra il sostegno a una nazionale “mai così vicina” e la polemica da manifestazione iridata: rimarrà tutto un grande sogno, crudelmente spezzato da un ragazzo di 23 anni che gioca mediano di mischia nei New Zealand Warriors e ora proverà a decidere una finale.

L’altra semifinale, molto meno romantica e bella, ha visto l’Australia distruggere le Figi con punteggio di 64-0. Non c’è mai stata partita, con il gap di valori tecnici e muscolari prevedibilmente impressionante, con i Kangaroos sempre col piede premuto sull’acceleratore. Gli isolani hanno lottato colpo su colpo, forti delle vittorie colte su Irlanda e Samoa (4-22) nelle fasi precedenti del tornei, disposti a rendere il saluto di Petero Civoniceva un saluto da eroi: ci sono riusciti, nonostante il cappotto di sabato. Contro i più forti può capitare, e i guerrieri di Rick Stone ci riproveranno magari già al prossimo Quattro Nazioni (Four Nations).

E adesso una settimana di stacco. Di rimpianti, per i tifosi dell’Inghilterra, di concentrazione e scaramanzia per Australia e Nuova Zelanda. 9 coppe contro 1, il dream team contro l’ex outsider ora campione in carica: lo stadio Old Trafford, già abituato alle stelle che due sabati al mese vi giocano a calcio, si prepara a un altro pezzo di storia.

Lo stesso luogo dove i Kangaroos vinsero 40-12 nella finale del 2000: altri tempi, buon rugby a tutti.

Rugby League World Cup 2013 – Semifinali

Inghilterra-Nuova Zelanda 18-20
Australia-Figi 64-0

Finale –  Sabato 30 novembre

Australia-Nuova Zelanda (Old Trafford, Manchester)