Non è solo bello

Rispondiamo idealmente alla prima pagina di un noto quotidiano nazionale che un paio di mesi fa, nutrendo dei dubbi sulla effettiva utilità di Llorente alla causa juventina, pubblicò una sua foto in primo piano titolando a caratteri cubitali “È solo bello?”.
No, non lo è. Anzi, è anche bravo. Molto bravo.

Fernando Llorente di mestiere fa l’attaccante, la prima punta. Non è Marco van Basten, ma non è nemmeno Sossio Aruta — indimenticato e indimenticabile bomber del Cervia del reality “Campioni – Il sogno” — a cui qualcuno ingiustamente l’aveva paragonato.
È un numero 9 vecchio stampo, come non ne fanno più. Un po’ Gabriel Batistuta e un po’ Oliver Bierhoff, cercando di descriverne le caratteristiche, non certo la qualità individuale.
Forte fisicamente (dall’alto dei suoi 195 cm per 90 kg), abile con i piedi e implacabile di testa, El Rey León con la maglia bianconera ha già segnato tre gol in campionato — sempre decisivi — e due in Champions League, ossia due in più del suo pluri-osannato compagno Carlos Tévez, fermo a zero.

Eppure c’è chi continua a storcere il naso di fronte all’attaccante spagnolo.
“Eh, ma segna poco”, “Eh, ma è lento”, “Eh, ma è poco utile”, queste le principali “critiche” che leggiamo/sentiamo in giro su di lui.
E per fortuna che Llorente ci sta dando manforte con le sue prestazioni, i suoi assist e i suoi gol, perché le nostre buone parole per lui, per quanto convincenti, da sole non riescono a scalfire la cocciuta idea sbagliata che alcuni si sono fatti di lui. Senza averlo mai visto giocare quando era in Spagna all’Athletic Bilbao, probabilmente.

Arriverà, e ne siamo sicuri, il giorno in cui tutti i suoi detrattori si dovranno ricredere. Ma nel frattempo provate a pensare a quanta fatica facesse la Juventus di Conte a segnare di testa nonostante il gran gioco sviluppato sulle fasce, provate a pensare a quanto fosse difficile, nei momenti di difficoltà, trovare un punto di riferimento in avanti abile a proteggere il pallone e a far salire la squadra e provate a pensare a quanto fosse difficile vedere un tiro di una punta senza la necessità di dover prima saltare un uomo per avere la porta di fronte.

Ecco, tutte queste cose con Fernando Llorente sono possibili. Ha fisico, elevazione, colpo di testa, cinismo sotto porta e tecnica individuale sufficienti per essere il compagno ideale del Tévez o del Vucinic di turno. Il gol dell’argentino a Livorno ne è solo un esempio. Basti pensare, per capire una volta di più l’utilità dello spagnolo nella manovra offensiva della Juventus, alla semifinale di Europa League 2012 tra il suo Athletic Bilbao e lo Sporting Lisbona.
Andate a riguardare il suo assist per il gol di Susaeta, quello — splendido — per la rete di Ibaí Gomez o il suo gol negli ultimi minuti che portò la squadra di Bielsa a una storica finale contro l’Atletico di Madrid.

Nemmeno così riuscite a intravedere il campione che è? Fa niente, continuate a guardarlo.
Che, tra l’altro, è anche bello.

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Francesco Mariani