Ci sarebbe un cinese a Roma
Neanche il tempo di ricominciare il turno di campionato, che vedrà la Roma capolista difendere il proprio primato nella sfida interna di lunedì sera contro il Cagliari di Daniele Conti – ironicamente definito “il figlio di Chinaglia” dopo i molti gol segnati alla squadra della sua gioventù e del padre Bruno (sublime ala destra giallorossa, per chi non avesse avuto il piacere di vederlo giocare) – e già le voci dell’ennesima ribalta azionaria scuotono la capitale e il calcio italiano.
Negli ultimi giorni infatti ha preso quota l’ipotesi del subentro nel pacchetto azionario della A.S. Roma di un nuovo socio, che verosimilmente rileverebbe la quota di partecipazione della Unicredit, affiancando James Pallotta ai vertici dell’azienda.
Dapprima era circolato il nome di Wang Jialin, l’uomo più ricco di Cina, un patrimonio con tanti di quegli zeri che solo per quelli non basterebbe un attico del suo immenso gruppo immobiliare. Poi, è spuntato il nome del presidente della Hainan Airlines, Chen Feng (chissà che ne pensa Venditti, che in tempi non sospetti, nel 1979, ben prima di Grazie Roma, cantava “Scusate avete visto Chen il cinese, quello che ha cambiato l’insegna del bar…”), la cui agiografia già circola sulle pagine delle cronache corrieristiche radiofoniche capitoline, descrivendolo come buddista devoto alla meditazione e appassionato di calligrafia.
E’ appena il caso di ricordare che qualche giorno fa è stata apposta la firma sul passaggio di proprietà dell’Inter, tra la famiglia Moratti e il magnate indonesiano Thoir, evento che ha già anticipato una nouvelle vague del sudest-asiatico in serie A.
Chi si meravigliasse dell’arrivo di un timoniere cinese alla Roma, forse limita la propria visione al vicolo calcistico, trascurando la piazza affari che si muove intorno ai capitali depositati nel mondo del pallone.
Dalle Olimpiadi di Pechino a Roma, il passo è più breve di quanto sembri. Tanto più che da decenni a Roma si parla di un nuovo stadio e, forse, Pallotta da solo, stretto anche dalle pastoie burocratiche italo romane, esita ad accollarsi l’operazione. Quanti romani – ma non solo – vedendo le immagini del bellissimo stadio nazionale di Pechino, il cosiddetto “Nido d’uccello”, si sono chiesti se sarebbe possibile vedere qualcosa del genere anche a Roma?
La forza di penetrazione del capitale cinese – ampiamente dimostrata anche in Africa, in altri settori economici – si dirige laddove, intervenendo a ristrutturare con un calcolato investimento, sia possibile ravvivare forze economiche sopite o incrostate in status quo stagnanti; e il flusso turistico cinese verso Roma, attualmente in crescita e di lunga prospettiva, può essere il propellente giusto per alimentare l’operazione e dargli dei confini intercontinentali, che vadano da New York a Shangai. Una Roma meno trasteverina o testaccina che mai, ma con le finestre spalancate sul mondo, anche a costo di trovarsi un nuovo centro commerciale davanti al balcone di casa.
Certo, sarebbe curioso vedere come si declinerebbe la convivenza tra il socio americano e quello cinese. Un esperimento che farebbe della Roma una piccola ONU del Pallone.