È notizia di qualche giorno fa la convocazione nella Nazionale maggiore olandese di Siem de Jong, attuale capitano dell’Ajax, che ha approfittato dell’infortunio occorso all’immarcescibile Dirk Kuijt per potersi giocare un posto nelle prossime due amichevoli della truppa di van Gaal.
Il giusto riconoscimento a un giocatore che, negli ultimi anni, ha fatto davvero benissimo sia in Eredivisie, contribuendo in maniera sensibile al sensazionale Treble dell’Ajax, consecutivamente Campione d’Olanda negli ultimi tre anni, sia nelle coppe europee, nonostante i risultati di squadra non siano stati mai eclatanti. Siem, con la sua rappresentativa nazionale, ha però avuto una sfortuna nera: infatti è nato nel 1989 e dunque sul finire di una generazione d’oro, com’è stata quella dei vari Sneijder, Robben, van der Vaart, Schaars, Stekelenburg, Nigel de Jong, Huntelaar e van Persie, senza mai potersi davvero candidare per un posto tra i Tulipani.
Colmo della malasorte: tutto lascia presagire che alla grande stagione dei calciatori oranje nati nella prima metà degli anni ’80 seguirà quella dei ragazzini terribili nati agli albori degli anni ’90, ragion per cui non solo de Jong ma anche gente del calibro di Afellay, Emanuelson, de Guzmán o Lens ha in realtà indossato (e probabilmente indosserà) la maglia arancione meno di quanto avrebbe potuto. L’unica eccezione è Gregory van der Wiel, classe 1988 che, però, sta per soccombere anch’egli all’arrembanza del suo erede ajacide van Rhijn ma, soprattutto, alla concorrenza del quasi coetaneo Janmaat, pari-età proprio di de Jong.
Tuttavia, al di là dei problemi anagrafici, Siem de Jong è stato anche un punto interrogativo tecnico-tattico: nato come trequartista, all’occorrenza perfettamente in grado di fare anche la mezz’ala, il numero 10 dei Lancieri è stato reinventato centravanti da Frank de Boer, che due anni e mezzo fa s’è trovato ad avere il problema di ovviare alla scarsa vena di El Hamdoui in fase realizzativa oltre che alla cessione in gennaio di Luis Suárez. Poche punte, dunque, ma al contempo de Boer possedeva fin troppe alternative nel ruolo di fantasista, posizione peraltro ricoperta alla grande dal gioiellino attualmente al Tottenham Cristian Eriksen (al tempo comunque sostituibile da uno tra appunto de Jong, Aissati, Donald, Özbiliz o Lodeiro).
C’è da dire, però, che de Boer aveva già visto, grazie al lavoro interno all’Academy di Amsterdam, come il numero 10 potesse essere pericoloso in zona gol addirittura l’anno precedente (2009-2010), quando, sotto la guida tecnica di Martin Jol e nonostante giocasse prevalentemente scampoli di gara in campionato e gare quasi intere solo in Europa League e Coppa d’Olanda (sempre come trequartista), de Jong era riuscito a firmare 10 gol in Eredivisie quasi sempre da subentrante, 6 su 6 presenze in KNVB Beker e uno in 7 caps europee. Il ragazzo, dunque, già allora vedeva la porta.
Dunque ecco la nascita di Siem de Jong come punta centrale sulla falsa riga del Barcellona di Guardiola, che più o meno contemporaneamente, s’è deciso a lanciare Messi come falso nueve. Il numero 10 al centro dell’attacco ha portato al progressivo allargarsi dei due attaccanti esterni e all’acquisto dell’islandese Sigþórsson nell’estate del 2011 come unico ariete alternativo al futuro capitano. Ma, soprattutto, il cambio di posizione ha consentito a de Jong di esplodere come finalizzatore: da quella stagione il giocatore olandese ha sempre e regolarmente superato la soglia dei 15 gol.
Una volta assunto il comando delle operazioni dell’Ajax, in fin dei conti Frank de Boer non ha fatto altro che mettere Siem nelle condizioni migliori possibili per segnare, oltre che fare assist (in teoria il compito principale per cui era stato notato anni prima dagli osservatori Amsterdammers). E de Jong? De Jong ha risposto ripagando il suo mister della fiducia concessagli anno dopo anno, gonfiando la rete a ripetizione e regalandogli peraltro il primo titolo olandese con una doppietta decisiva al Twente nell’ultima giornata dell’Eredivisie 2010/2011.
Ora, finalmente, torna quella Nazionale che Siem ha assaggiato già nell’agosto 2010 quando i titolarissimi erano troppo impegnati a smaltire le scorie della finale Mondiale persa contro la Spagna. Tuttavia quella convocazione fu un fuoco di paglia. Il ragazzo classe 1989 però non s’è perso d’animo e ha passato i tre anni seguenti a segnare e vincere titoli olandesi, rifilando gol pesanti anche ad avversari blasonati come il Manchester City in Champions League (per lui un’indimenticabile doppietta all’Etihad Stadium).
Tre anni quasi esatti dopo la sua unica apparizione nell’Arancia Meccanica, nel giugno 2013, quando già da un anno vestiva i galloni di capitano dell’Ajax, il club più titolato del suo Paese, il suo club (230 presenze e 74 reti coi Lancieri, l’unica maglia indossata in carriera) il neotecnico oranje van Gaal l’ha richiamato, sempre in estate, facendolo scendere in campo tre volte appena qualche mese fa. Durante una di queste amichevoli, contro la pur poco probante Indonesia, de Jong ha trovato anche le prime due reti con la maglia dell’Olanda, regalando la vittoria ai suoi.
E adesso? Adesso c’è un Mondiale da conquistare, con la consapevolezza che sarà durissima guadagnarsi un posto tra gli Oranje. In attacco van Persie e Huntelaar sembrano saldi come due totem (il giocatore dello Schalke è peraltro la riserva conclamata di RvP), sulla trequarti Sneijder o van der Vaart paiono intoccabili e, più in generale a centrocampo, de Jong deve vedersela anche con gli astri nascenti Wijnaldum, Maher, Pröpper, Fer, van Ginkel e persino Duarte oltre che alle realtà affermate come Nigel de Jong, Strootman o Schaars.
Ma il capitano dei Lancieri è forte e non ha paura. Dopotutto, in quanto capitano dell’Ajax, appunto, lui rappresenta l’eroe greco Aiace Telamonio, roccioso, indomito e senza paura. Ora però Siem può dimostrare di esserne il degno porta vessillo anche con l’unica altra maglia che ha sempre voluto, quella della Nazionale olandese.