Red Bull. La soluzione pare essere questa: facile ironia mi fa dire che Antonio Conte, di integratori, non se ne intende («non ricordo» disse più volte di fronte al giudice Casalbore); e se vuole vincere il terzo titolo consecutivo, può affidarsi solo a chi ti mette le ali (e rimangono un passo in avanti: quattro titoli, Vettel, gli ultimi tre con una facilità disarmante).
Ma siamo poi così sicuri che tanta ironia valga la pena? Alla fin fine, guardando la classifica, non sembra esserci granché di anomalo: dopo il rotondo 4-0 casalingo con cui ha regolato il Catania, la Juventus è seconda insieme al Napoli, entrambe impegnate a inseguire la Roma, con due lunghezze da recuperare. Vero: i giallorossi devono giocare il posticipo di stasera, contro il ChievoVerona, ed è facile immaginare che prima o poi la serie di vittorie consecutive si fermerà.
Insomma, sotto di due punti, che al massimo saranno cinque dalla vetta, quando il campionato è appena a un quarto del percorso. È da pensarci: prestazione convincente (vero, contro avversario abbordabile), due gol per tempo, prima a segno la mediana (Vidal e Pirlo), poi Tévez su assist di Llorente. Insomma: cantiere aperto, sì, ma non è affatto detto che i problemi siano insormontabili.
È il destino, aperto e chiaro di tutti quei tentativi di far svoltare un ciclo: Conte, simpatico o meno, ha portato a casa parecchio, e finalmente ha risvegliato la Vecchia Signora. Non è poco, anzi. Il primo gruppo bianconero realmente vincente: quadrato, costruito pezzo per pezzo e senza strafare (in altre parole: niente più Felipe Melo, Almirón, Diego o Krasić, l’ultima rivoluzione è quella della normalizzazione del 2011 (dentro Pirlo, Vidal, Vučinić e Lichtsteiner). E ha funzionato, eccome se ha funzionato.
Adesso, comprensibilmente, si è cercato qualcosa di differente: Ogbonna dietro, Llorente e Tévez davanti. Per la Juventus, era l’estate della famosa ricerca del famoso summo lusor (in latino top player si dovrebbe dire così). In un certo senso, un altro tipo di integratore: la maggiore qualità su un gruppo già rodato. Il passo in avanti, la rottura necessaria con un progetto che aveva dato tanto sui campi nostrani, ma si era dimostrato inefficace al momento di sbarcare nell’Europa che conta.
E stiamo ancora qui, a pensare e a parlare di crisi. Vero, i quattro gol in un quarto d’ora sono stato un segnale d’allarme; ma qualche cedimento, lungo una stagione intera, è inevitabile. Non sarà facile superare i gironi di Champions, vero; ma questo non significa che la strada sia chiusa, che non ci siano più idee o speranze. Difficile portare avanti il doppio impegno, vero; ma i campioni sono lì apposta per provarci. O per doverci riprovare.
Discorso differente, invece, per quanto riguarda la Roma, in campo stasera. Rimarrà prima in solitaria, comunque vada; e con la prima Juventus di Conte condivide un fattore non indifferente: l’assenza dalle Coppe. Libera da altri pensieri, e libera anche da tanti pensieri: Lamela in estate era diventato ingombrante, e il Sergente Rudi Garcia ha plasmato un gruppo di piedi buoni e di calcio incantevole. Forse non basterà per portare a casa il campionato, in ogni caso sembra sufficiente per riappacificare (finalmente) la Lupa con i suoi tifosi.
Red Bull, dicevamo: correre più veloce degli altri (o almeno, come insegna il Barcellona, far correre il pallone). Uno dei trucchi è qui; e anche nel dopo-Zeman i giallorossi sembrano tirati a lucido, per quanto riguarda la preparazione fisica. Più liberi col corpo, più liberi con la testa: concentràti sul campionato. Meno carichi di lavoro, più carichi di entusiasmo. Stasera ne sapremo di più.