Abbiamo assistito a un grande Clasico, nel pomeriggio di ieri; il Barça ha steso il Real Madrid, Neymar ha segnato e brillato, Bale male nell’oramai inflazionato ruolo di falso nueve, Ancelotti ha rimediato un’altra magra figura, il Camp Nou ha regalato il solito spettacolo. In Spagna, la situazione dice attualmente – in attesa che si concluda il decimo turno – Barcellona primo a +4 dall’Atletico Madrid, e a +6 dal Real. Dunque, già un accenno di mini-fuga da parte dei catalani, che allungano sulle merengues e attendono di sapere se lo stesso possa dirsi per i Colchoneros.
Tutto bello, tutto avvincente; proprio come sta succedendo dalle nostre parti. L’Inter ha vinto nell’anticipo contro il sorprendente Verona salendo a quota diciotto, a meno uno dal tandem Napoli-Juventus. Queste due, e i nerazzurri, sempre più in attesa del passo falso della Roma, impegnata in quel di Udine contro un’Udinese che in casa non perde da oltre un anno solare (ultima sconfitta datata 2 settembre 2012, quando la Juve si impose al Friuli per 4-1). Roma che è attesa dalla classica “prova del nove”: quella dei giallorossi sembra un’impresa vera e propria, perché vincere in casa dei friulani vorrebbe dire rompere una tradizione lunga una stagione, e alimentare il filotto di vittorie consecutive. In tal caso, sarebbe agguanto al primato detenuto dalla Juventus: correva l’anno 2005-2006, e la Vecchia Signora fece sue le prime nove gare di quel campionato prima vinto, poi revocato per lo scandalo calciopoli.
Delineato questo semplice quadro della situazione, non possiamo non affermare che la Serie A di quest’anno sia partita in maniera scoppiettante; d’altronde, il mercato estivo ci faceva ben sperare. E’ vero, c’è stata la consueta fuga dei campioni (vedi i vari Cavani, Marquinhos, e via discorrendo), ma la quantità e la qualità dei talenti giunti dall’estero nel Belpaese sta consentendo all’Italia di difendersi molto bene nella lotta al campionato più bello d’Europa. Dicevamo del Clasico: in Spagna è da sempre la partita delle partite. In Spagna, quest’anno, di qualità ce n’è, ma come al solito è racchiusa nelle due squadre più blasonate, di gran lunga superiori a tutte le altre. Vero, quest’anno c’è, o sembra esserci, anche l’Atletico Madrid, che finché durerà potrà fungere da fastidiosa outsider, anche se effettivamente la lotta vera, alla fine, sarà quella, sempre quella: Barça-Real. Più equilibrato invece il campionato inglese, con l’Arsenal che guida un gruppetto di sette squadre racchiuse in sei punti (in cui non c’è il Manchester United, clamorosamente ottavo); meno competitivo quello tedesco, con campioni e vicecampioni d’Europa rispettivamente primi e secondi, e il Leverkusen che segue a ruota: poi, buco di dieci punti tra terza e quarta. Non c’è storia in Francia: il Psg è primo, e ha solo un punto di vantaggio dal Lille, secondo, e due dal Monaco, terzo. Diciamolo chiaramente però, i parigini vinceranno a mani basse dato l’incredibile spessore della rosa.
In sostanza, ciò che risalta all’occhio è che tra i maggiori campionati europei, quello italiano, contro ogni aspettativa, è quello che paradossalmente può risultare più equilibrato e avvincente. Equilibrato, nel caso Juventus e Napoli dovessero essere capaci di rifarsi sotto, avvicinandosi alla vetta; avvincente, perché la Serie A quando si accende regala sempre emozioni. Potrò sembrare retorico, ma non è così: è pura convinzione la mia. Guardiamo troppo all’estero ultimamente: aprirsi a nuovi orizzonti è giusto, ma diventa esagerato, e sbagliato, se poi si finisce per screditare ciò che di buono accade all’interno dei nostri confini. Ecco: è un errore da non commettere, questo. Soprattutto quest’anno, dove dalle nostre parti, fidatevi, lo spettacolo – lo stiamo già vedendo – non si farà attendere.