I nordici di Eredivisie: Aron Jóhannsson, lo strano americano
Che ci fa un nazionale Usa in uno speciale che approfondisce, caso per caso, la massiccia presenza di giocatori nordici in Eredivisie? Il motivo è presto detto: il giovane (ma non giovanissimo) Aron, classe 1990, è nato in Alabama da genitori islandesi doc, tornando alla madrepatria alla tenerissima età di tre anni e non frequentando più la terra a stelle e strisce fino al liceo, dove tornò per un anno di high school in qualità di studente in scambio culturale (scelta probabilmente fatta dai genitori per non fargli perdere ogni contatto con un passaporto che comunque il buon Jóhannsson conservava).
Una volta raggiunto il diploma, l’attuale attaccante dell’AZ Alkmaar poté esordire ufficialmente come calciatore professionista tra le fila del Fjölnir nel 2008, collezionando così qualche minuto nella massima serie del suo paese. Nella stagione successiva le presenze furono già 22, a fronte però di un solo gol realizzato: troppa poca roba per un giocatore che si muove soprattutto per infilare la porta avversaria, cosicché Aron non fece notizia più di tanto ma, forte dei suoi appena 19 anni, poté senz’altro contare sugli ancora ampissimi margini di miglioramento e venire così considerato per il futuro dalla sua società.
L’anno seguente, nella Serie B islandese (il club era nel frattempo retrocesso), il talento di Jóhannsson esplose, se così si può dire di un bomber che segna a raffica in un torneo di basso livello come la seconda lega dell’isola nordica. Tuttavia i numeri furono eclatanti: il ragazzo mise a referto 17 reti in 26 apparizioni ufficiali con la casacca del Fjölnir, contribuendo alla quarta posizione finale del club, il quale però mancò la promozione forse anche a causa del fatto che su Aron mise gli occhi l’AGF, compagine danese che stava anch’essa lottando per riguadagnare la massima serie nel proprio paese, che lo acquistò prelevandolo col campionato islandese ancora nel vivo.
Stremato anche da più di otto mesi di attività non stop (in Islanda il campionato è annuale, non stagionale, per cui si gioca solo nei mesi più caldi dell’anno a differenza della Danimarca dove esiste una lunga pausa invernale, ma si gioca dalla fine dell’estate alla primavera, come in Italia), la prima stagione di Jóhannsson ad Aarhus non è indimenticabile: 18 presenze e appena due reti. In sostanza, il ragazzo sembrava avere lo stesso vizio di un anno e mezzo prima: gioca bene, corre tanto, ottimi mezzi tecnici ma non la butta mai dentro.
La musica, nonostante intanto l’AGF passi in massima divisione, sembra non cambiare neppure nel secondo anno dell’islandese con passaporto USA in Danimarca: titolare fisso, 32 presenze ma solo 8 gol per lui. Da ciò ecco che si ripresenta il dilemma tattico che l’ha sempre accompagnato: ragazzo molto bravo ma senza senso del gol, meglio sfruttarne velocità e tecnica lungo la fascia, dove può crossare per una punta vera. Ma Jóhannsson, che punta vera si sente e in quel ruolo vorrebbe giocare anche nell’Under 21 islandese (dove nel frattempo esordisce, manco a dirlo, giocando all’ala), tanto dice e tanto fa che l’allenatore gli concede una chance come secondo attaccante, per giocare più vicino alla porta.
L’impatto è devastante: 14 gol in 20 presenze (tra cui la tripletta più veloce della storia della Serie A danese, siglata in 3′ e 50”) e, a gennaio 2013, ecco presentarsi alla porta dell’AGF un AZ Alkmaar in profondissima crisi di risultati che sta anche cercando un sostituto sul lungo termine per Jozy Altidore, centravanti USA che i Fabbricatori di formaggio intendevano trattenere almeno fino a maggio nonostante le già tante offerte arrivate per evitare una clamorosa retrocessione, ma sul quale sapevano già di non poter contare per la programmazione futura.
Aron arriva quindi ad Alkmaar, inizialmente per fare panchina come vice Altidore. Nello scorcio disputato nella seconda metà della scorsa stagione non ha avuto troppe occasioni per mettersi in mostra ma nei 137 minuti avuti a disposizione ha segnato comunque tre volte: in pratica, un gol ogni 45′ giocati. Con la partenza del bomber afroamericano per la Premier League di quest’estate, è proprio Jóhannsson a ereditarne il ruolo al centro dell’attacco dell’AZ. Ruolo che, peraltro, ricopre ottimamente: terzo posto provvisorio nella classifica marcatori con 7 reti in 10 presenze, a cui si aggiungono una doppietta in Coppa d’Olanda e il primo gol della sua carriera a livello europeo in Europa League (ieri sera il numero 20 non ha segnato, ma ha lanciato il “connazionale” Guðmundsson in porta con un millimetrico lancio da oltre 25 metri).
Punta centrale biancoarancio dopo Altidore, Aron Jóhannsson si pone come contendente del bomber attualmente al Sunderland anche in Nazionale: a luglio, infatti, il numero 20 dell’AZ Alkmaar ha annunciato di voler giocare nella selezione statunitense nonostante tutta la trafila nei dipartimenti giovanili islandesi. Subito ribattezzato Bacon dai supporter americani per la sua somiglianza con l’attore Kevin Bacon, Aron è già sceso in campo quattro volte per gli USA, andando già in rete.
Insomma, dopo un americano vero, calcisticamente parlando, l’AZ ha trovato il suo erede in un altro talento a stelle strisce. Un talento particolare, però, perché nordico e in realtà islandese, nel medesimo torneo dove già si esibiscono Finnbogason e Sigþórsson. Dunque un’ennesima, nuova, gemma geneticamente e calcisticamente islandese ma con la Statua della Libertà nel cuore.
In fondo però è anche un po’ un peccato che Jóhannsson abbia scelto gli USA: se tra i primi quattro marcatori di Eredivisie ci fossero tre islandesi sarebbe persino più divertente.